Si sta parlando delle telecamere a scuola ma non mancano le proteste da parte degli insegnanti, per svariati motivi.
Oggi “il grande fratello” c’è ovunque. Chi lavora per esempio in banca oppure in diversi altri posti, sa di venire filmato h.24.
Non amo personalmente questo tipo di controlli, anche perché mi fanno diventare claustrofobico.
Purtroppo però mi viene da citare il proverbio:” Chi è causa del suo mal, pianga se stesso!”
Negli anni in maniera sempre più frequente, accadono casi di bullismo anche gravissimi, a danni di studenti che pure si sono suicidati per esasperazione, come anche atti di violenza contro gli insegnanti.
Non si capisce perché gli istituti scolastici, con situazioni più o meno gravi (non sono rilevanti solo i fatti riportati dalla cronaca per la loro eccezionale gravità) siano diventati veri “campi di battaglia”. Forse sarà una nuova pedagogia, però fondata su antichissimi principi risalenti ai tempi in cui più che formavano, forgiavano con la violenza fisica e psicologica, giovanissimi aspiranti guerrieri.
Quando un genitore chiede agli insegnanti perché non prendono provvedimenti per tutelare il figlio preso di mira dai bulli; oppure, quando si chiede chiarimenti su un atteggiamento poco consono da parte del docente anche nei confronti di tutta la classe, la risposta è sempre questa:” Voi genitori non siete in classe, quindi, i vostri figli possono raccontarvi ciò che vogliono. Solo noi insegnanti conosciamo la verità dei fatti!”
Succede anche che singolarmente e in forma privata qualche docente sveli la verità ai genitori, però nei consigli di classe non solo restano zitti ma negano di aver fatto trapelare qualcosa, per non inimicarsi i colleghi.
Quindi, in questi casi chi è la vittima e chi invece il carnefice?
Ci sono molti egregi e rispettabilissimi insegnanti; dovrebbero avere più coraggio e difendere i ragazzi quando non vengono tutelati dai bulli o da altri colleghi che pure per incompetenza o per problemi personali (alcuni con chiari disagi di natura psichica) non potrebbero lavorare per i nostri bambini o ragazzi.
Tempo fa un articolo riportava il fatto di un bimbo della scuola primaria che prendeva a calci l’insegnante e la bidella. Per fermarlo hanno chiamato i carabinieri.
Quando le forze dell’ordine sono arrivate, hanno dovuto calmare un bimbetto di scuola primaria, anche perché non avevano a che fare invece con un ragazzone alto un metro e ottanta delle superiori! Possiamo immaginare a cosa avranno pensato questi carabinieri: “..che scuola è questa? Chiamano noi per una situazione così assurda e pure ridicola?”
Secondo voi, chiamare le forze dell’ordine in una scuola primaria perchè non si riesce a gestire un bambino che, probabilmente avrà alcuni propri disagi e fragilità, non è molto peggio delle telecamere? Vista l’incapacità della sua insegnante, viene anche da chiedersi cosa avrà esasperato e incattivito un bimbo così piccolo!
Il buon senso avrebbe indotto a chiamare i genitori o comunque un famigliare; anche reagire in maniera appropriata per calmarlo e successivamente valutare se farlo seguire o no da alcuni specialisti anche per concordare adeguate strategie educative con la scuola e la famiglia.
Ecco cosa dovrebbe fare una scuola che non avrebbe assolutamente bisogno della telecamera.
Invece, sempre più frequentemente, abbiamo insegnanti che “non vedono” quando i bulli vessano chi hanno preso di mira; “non vedono”, quando i colleghi maltrattano piccini indifesi dell’asilo nido, pure della scuola dell’infanzia e primaria.
“Non vedono” quando pure alla scuola media o superiore, accadono sempre fatti spiacevoli e gravi, a danni di alcuni studenti o d’intere classi, nonostante tutti conoscono l’inadeguatezza e l’incompetenza di un loro collega.
Dispiace moltissimo anche per i casi di violenza sui docenti. Non dovrebbero accadere a nessuno. Chiediamoci però perché si è arrivati a questo punto. Quali sono stati i modelli di riferimento non solo in famiglia, pure a scuola per i nostri giovani.
Seguendo la teoria scientifica dei “neuroni a specchio”, probabilmente esempi positivi da imitare, questi nostri ragazzi non ne hanno a casa nè però a scuola.
Quindi, il “grande fratello” è la triste e pietosa conseguenza dei ripetuti “non vedo, non sento e non parlo” degli adulti: genitori e insegnanti!
Paolo Rossi