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Tempo di elezioni ma non ancora per i dirigenti scolastici

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Quando nel 1974 furono approvati i Decreti Delegati, tutti osannarono all’entrata della democrazia a scuola. Difatti, all’interno degli Istituti scolastici, nacquero gli organi collegiali i cui componenti (tranne per il collegio dei docenti) vengono eletti per votazione. Eleggere è meglio che concorrere e nominare. E si risparmia. E’ tempo ormai di tornare con coraggio allo spirito dei Decreti Delegati, miglioriamoli. Nella repubblica democratica italiana esiste l’elezione diretta per esempio dei sindaci, i presidenti delle province, i governatori delle regioni; c’è l’elezione del Presidente della Repubblica, dei deputati e senatori; ci sono sistemi di nomina come per il capo del governo, dei ministri, prefetti, Csa, direttori Urs; e ci sono i concorsi per accedere alla pubblica amministrazione. Attualmente i Dirigenti Scolastici devono superare un concorso per diventare: prima insegnanti statali, (come tutti i colleghi) e successivamente concorrere per accedere alla presidenza di un Istituto. Tutto questo con notevole onere per lo Stato.
Chi può avere paura dell’elezione dei presidi, quando viene eletto persino il Papa!… Nella Chiesa delle origini il Papa veniva eletto con il concorso del clero e della comunità romana. Poi nel secondo millennio l’elettorato attivo venne riservato ai cardinali-vescovi. E si tratta del vicario di Cristo in Terra, eletto a vita!
Tante scuole, invece, restano per anni prive di presidi per tanti motivi burocratici. Invece con l’elezione diretta in ciascuna istituzione non si verificherebbero mai vuoti o vacanze dirigenziali. Che si corre ad eleggere un DS pro-tempore? Uno solo: fare funzionare meglio le scuole italiane.
Dopo la proposta del 15 ottobre 2010 dell’IdV, il 25 febbraio 2011 due deputati del Pd (Francesco Laratta e Cesare Marini) hanno presentato alla Camera una proposta di legge (n. 4121: “Norme concernenti il governo delle istituzioni scolastiche e lo stato giuridico dei docenti”) contenente anche l’elezione democratica del preside. I due testi dell’opposizione sono sostanzialmente rimasti a prendere polvere sia alla Camera che al Senato. Non si comprende perché per la funzione di preside di un istituto scolastico (un migliaio di studenti e un centinaio tra docenti e non docenti) non debba essere applicata una elezione democratica.
“L’aspetto più significativamente importante risiede nel fatto che il preside non sarebbe il risultato e il frutto di una prova concorsuale, anche rigorosa, ma il prodotto sicuramente migliore di un dibattito politico-cultuirale-didattico e democratico nato fra i colleghi e all’interno della scuola medesima. In altro termini i professori sarebbero certamente in grado di capire benissimo con chi avrebbero a che fare nel prossimo futuro e nell’arco dei 5 0 4 anni di dirigenza del loro collega, conoscendone curriculum e caratteristiche psicologiche e culturali. Insomma non ci sarebbero problemi col collega della stessa scuola, né aspettative messianiche, né sorprese dell’ultima ora, a parte lo stop tassativo al giro dei trasferimenti”. (P. Almirante)
Oggi è necessario definire una nuova architettura democratica dell’organizzazione scolastica che garantisca ad ogni componente partecipazione e corresponsabilità nelle scelte e nei risultati, con un ridisegno dei poteri gestionali, distinti da quelli di indirizzo, affidati ad un organo collegiale dotato di ampie competenze e con un preside eletto e a tempo che, oltre a possedere un alto profilo culturale e professionale, goda anche di quella autorevolezza necessaria che solo la comunità nella quale opera può riconoscergli.