Sui 2mila posti di tempo pieno per la scuola primaria previsti dalla legge di bilancio e rivendicati dal M5S come la prova provata che sulla scuola c’è una indiscutibile inversione di tendenza sembra essere sceso il silenzio.
La legge prevedeva che entro 60 giorni il Ministero avrebbe dovuto predisporre il decreto applicativo, dopo aver acquisito anche il parere della Conferenza Stato-Regioni.
I 60 giorni sono ormai trascorsi ma del decreto non c’è ancora nessuna traccia, anzi va detto che l’argomento non è neppure all’ordine del giorno della prossima seduta della Conferenza, già convocata per il 7 marzo prossimo.
Ciò significa che nella migliore delle ipotesi la Conferenza se ne occuperà dopo la metà di marzo. Poi ci vorrà un po’ di tempo per il decreto del Ministro.
Questo non significa che tutto filerà liscio perchè i problemi da risolvere sono più di uno.
Intanto non è affatto scontato che tutte le regioni siano d’accordo a destinare prevalentemente all sud i 2mila posti previsti dalla legge che, peraltro, non pone nessun vincolo territoriale per la distribuzione dei posti.
E gli stessi enti locali del sud potrebbero non essere pronti a gestire la novità perchè per incrementare il tempo pieno sono indispensabili anche servizi collaterali di loro competenza, mense scolastiche innanzitutto.
Il rischio è che, alla fine, i posti vengano comunque istituiti senza però essere utilizzati per ampliare davvero l’orario scolastico, esattamente come era avvenuto negli anni ’90 quando la legge sui “moduli organizzativi” nella scuola elementare, che pure prevedeva il rientro pomeridiano degli alunni, rimase inapplicata in molte regioni dove invece ci si limitò a dilatare l’orario antimeridiano anche fino alle ore 14.
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