Alcune scuole primarie romane sono di nuovo in agitazione: al centro delle proteste – realizzata principalmente da gruppi di genitori, docenti e personale Ata – continuano ad essere sempre i tagli agli organici scolastici, che hanno indotto l’Ufficio scolastico provinciale della capitale a dover rinunciare ad una parte delle classi a tempo pieno. Quest’anno solo a Roma vi saranno 68 classi senza le 40 ore inizialmente richieste da famiglie e dirigenti.
Il primo istituto ad organizzare una contestazione organizzata è stato il 49esimo circolo didattico, che comprende le scuole elementari Principe di Piemonte e Leonardo da Vinci: l’Usp ha dato l’ok solo quattro classi prime su sei e il Comitato di protesta ha deciso di occupare simbolicamente i locali scolastici: secondo il Comitato con questa decisione “gli alunni delle future classi prime potranno avere addirittura dieci maestre anziché due, poiché l’orario di un insegnante è di 22 ore settimanali e le restanti 18 ore (per arrivare a 40) dovranno essere coperte dalle 2 ore residuali di compresenza di ciascun insegnante delle altre classi a tempo pieno“. Genitori e docenti hanno così deciso di far scattare l’occupazione, che in realtà è una didattica alternativa alternata a laboratori, eventi musicali, artistici e film educativi. “Risulta evidente – continua il comitato del `Principe di Piemonte’ – che il modello educativo-didattico del tempo pieno si trasformerà così in un gran pasticcio, in cui i bambini che si trovano ad affrontare il delicato ed impegnativo passaggio dalla scuola dell’infanzia alla scuola primaria non avranno la possibilità di trovare i fondamentali punti di riferimento ma solo una situazione caotica priva di un valido progetto educativo“. Secondo i promotori dell’occupazione il provvedimento produrrà conseguenze negative anche per le classi II, III, IV e V, le quali “vedranno lo spostamento delle loro insegnanti in altre classi che, private delle 4 ore di compresenza (2 ore per ciascuna delle 2 insegnanti), subiranno un radicale cambiamento della programmazione delle attività didattiche poiché non sarà più possibile organizzare le necessarie attività di recupero e di ampliamento dell’offerta formativa (laboratori, teatro, uscite didattiche, ecc.)“. Il fondato timore di genitori e personale è che questa situazione si riverserà in primo luogo sugli “alunni in difficoltà di apprendimento nonché gli alunni diversamente abili già fortemente penalizzati dai tagli agli insegnanti di sostegno e al personale Assistente educativo comunale“. Tra gli istituti in fibrillazione vi è anche il 126esimo Circolo Iqbal Masih, sempre di Roma: il 12 maggio il Coordinamento genitori insegnanti ‘Non Rubateci il Futuro – anch’esso (come un’altra settantina di istituti) privata di un paio di prime a tempo pieno – è stato ricevuto dal direttore dell’Usp, il dottor Minichiello. I rappresentanti hanno spiegato al responsabile dell’istruzione romana che ciò obbligherà ad utilizzare “le 2 ore di compresenza di tutti i docenti delle classi a tempo pieno regolare, impegnate finora nella propria classe per recupero e arricchimento dell’offerta formativa”. Oltre alla “costellazione di docenti” già citata dal 49esimo circolo didattico. “Proseguendo con il taglio di una o due classi l’anno – prosegue il comitato della Iqbal Masih – entro 3 anni in una scuola come la nostra non ci saranno più ore di compresenza disponibili e si dovrà passare a diminuire l’orario di tutte le classi, fino ad arrivare ai modelli standard delle 27, massimo 30”.
Non contento delle risposta del dirigente dell’ex Provveditorato, una delegazione del Coordinamento si è prima incatenata davanti all’Usp ed il giorno dopo ha deciso di presidiare la scuola (dalle 16,30, consentendo così il normale svolgimento le lezioni) ed avviare un’opera di sensibilizzazione, in particolare sulle conseguenze dei tagli, nei confronti degli altri istituti romani.
Le proteste non sono passate inosservate al ministro dell’Istruzione, Mariastella Gelmini, che le ha definite strumentali e figlie di ”manifestazioni politiche che abbiamo visto ripetersi più volte in questi anni. Credo – ha continuatoil responsabile del Miur – che andrebbe messo piuttosto in evidenza l’impegno forte del Governo non solo sul fronte della riforma delle scuole superiori ma anche per favorire un ritorno al rigore, alla serietà e alla centralità della scuola“.
Di diverso avvisosi è invece espressa la Flc-Cgil, secondo cui proprio da questa situazione di malessere e richieste di diritti negati “emerge sempre più chiaramente che al di là dei tagli, l’obiettivo vero è distruggere la scuola pubblica, azzerare la motivazione, denigrare la professionalità e svilire l’impegno di chi ci lavora. Soprattutto – ha concluso il sindacato – si vuole svuotare di qualità la formazione delle giovani generazioni”.