Negli ultimi anni alcuni dei servizi essenziali della scuola sono stati ridotti: è il caso del trasporto pubblico scolastico. Altri servizi tanto decantati e auspicati, come il tempo pieno, non solo non sono mai decollati, ma continuano mantenere differenze territoriali fortissime. I dati tendenziali giungono dal report Legambiente ed Ecosistema Scuola.
Il servizio di scuolabus, si legge nel rapporto, “dal 2010 al 2018 è passato dall’essere presente in quasi il 33% degli edifici ad uno scarso 23%, senza che si sia sviluppata una mobilità alternativa casa-scuola”.
Anche le pratiche ecocompatibili non sono state praticate come si sperava: il pedibus è “praticato solo in circa il 6% delle scuole, e il servizio di bicibus, che malgrado un cambiamento degli stili di trasporto sempre più orientato verso le due ruote, è praticamente assente (0,1%) e solo, quando presente, nelle scuole del Nord”.
E durante la pandemia il quadro è peggiorato, perché il servizio di trasporto pubblico non è stato “in grado di rispondere alle richieste di spostamento degli studenti”, pure “sostituito dal trasporto individuale a carico delle famiglie”.
Differenze territoriali enormi si confermano poi con le classi a tempo pieno, che quasi sempre consiste nella permanenza a scuola fino alla metà del pomeriggio: si tratta del tempo scuola maggiorato che il governo Conte (per volontà del M5s) un paio d’anni fa aveva provato ad ampliare, con un incremento iniziale di 2mila classi, per poi arrendersi di fronte al disinteresse delle famiglie nelle aree del Sud.
Il tempo pieno, scrive Legambiente, viene praticato quasi in una scuola su due secondo la media nazionale: solo che il 67,8% di scuole con classi a tempo pieno sono concentrate nel Centro Italia, quasi il 40% al Nord, appena il 9,5% al Sud e il 18,4% nelle Isole principali.
Stiamo parlando, si legge nel report, di “un problema organizzativo, didattico e di personale, ma anche strutturale, se si pensa che per incrementare il tempo pieno occorre avere gli spazi in cui attivare il servizio mensa che mediamente, è attualmente presente in circa la metà delle scuole, ma solo nel 33,5% di quelle delle Isole”.
Le “stesse differenze le riscontriamo negli investimenti che i Comuni fanno rispetto alla promozione di progetti educativi nelle scuole, che spesso rappresentano un importante sostegno alla formazione alla cittadinanza. Un approccio questo, che è praticato per tutte le scuole dei capoluoghi di provincia del Centro, per l’80% delle scuole del Nord, fino ad un ridimensionato investimento del 63,6% al Sud e del 50% nelle Isole”.
“Dati ancora più ridimensionati negli investimenti, se consideriamo i Comuni che finanziano iniziative extrascolastiche per gli under 14: lo fa mediamente poco più di una amministrazione su due, ma anche qui con differenze sostanziali, 62,9% al Nord, il 50% al Centro, il 28,6% al Sud e nessuna iniziativa rilevata nelle Isole”.
“Un quadro – si legge ancora nel report – che ci indica quanto ci sia ancora da fare e da investire nella sempre più auspicata integrazione scuola-territorio che è al centro di una nuova proposta di governance dell’educazione basata su patti educativi di comunità, capaci di integrare più soggetti e realtà per rispondere adeguatamente ai crescenti e sfidanti bisogni educativi”.
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