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Tensioni e malumori a scuola contro la dirigente, la replica: “Non c’è difficoltà che non possa essere risolta con il dialogo”

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Riceviamo e pubblichiamo una lettera della dirigente Sonia Mastroleo, ex dirigente scolastica dell’Istituto Comprensivo di Garlasco, vicino Pavia, poi trasferita in provincia di Forlì. La preside è stata al centro di una vicenda che ha fatto scalpore all’inizio del 2023, quando alcune testate hanno parlato della dimissione in blocco di un folto gruppo di docenti.

La donna, accusata di aver costretto i docenti a svolgere attività extrascolastiche, ha negato tutto, parlando di maldicenze. Ora, nell’ultimo mese, ci sarebbero tensioni e malumori anche nella nuova scuola in cui lavora. Da qui la sua versione dei fatti.

Quanto successo all’IC 9 di Forlì mi ha spinta a esprimere alcune considerazioni sulla funzione educativa della scuola, sul pensiero critico per valutare la qualità delle informazioni, sulla forza del dialogo nella risoluzione dei conflitti (intesi come divergenza di vedute) e sul mio operato.

La scuola ha il compito di educare, oggi più che mai. La scuola educa attraverso la cultura, mostrandone il carattere vitale e facendo assaporare ai più giovani la ricchezza che essa ha in ordine alla crescita dell’umanità di ciascuno. La cultura dà gli strumenti per capire la realtà e per interagire con essa; ma offre anche le chiavi per comprendere la propria umanità, nel suo senso e nei suoi valori; dà parole per narrare la propria vita, metterla in comunicazione con gli altri, renderla disponibile al confronto e quindi al suo affinamento e arricchimento.

Il verbo educare è associato al significato del prendersi cura. Cura di che cosa? Di ciò che è più importante per una persona: realizzarsi pienamente come persona umana, non a caso Jacques Mariten diceva che educare significa aiutare la persona umana a diventare più umana.

C’è una relazione molto stretta tra educazione e didattica.

L’azione didattica non riguarda soltanto il favorire l’apprendimento di specifici contenuti o tecniche, ma interessa la dimensione emozionale , quella dei significati valoriali.

È la relazione il cuore della didattica. La relazione interna alla persona che apprende, che deve fare sintesi tra mano, mente e cuore, per usare una metafora cara a Papa Francesco;

La relazione esterna, sociale, tra insegnante e alunno, tra alunni nel gruppo classe, tra persone, docente, genitori e dirigente, in quella particolare comunità professionale ed educativa che è la scuola.

Oggi più che mai, visti i rapidi cambiamenti nella società, oltre all’educazione è necessario l’uso del pensiero critico per riconoscere le fake news dalla verità dei fatti, per evitare la diffusione di informazioni errate, man mano che aumentano la complessità, l’incertezza e la volatilità del mondo che ci circonda. Considerato una delle competenze chiave del 21° secolo, il pensiero critico differenzia gli esseri umani dalle macchine intelligenti è il processo decisionale di successo nella vita di tutti i giorni .

Per fidarsi correttamente delle informazioni, è prima necessario essere in grado di valutare queste informazioni dal punto di vista dell’affidabilità. Secondo Pasquinelli dovremmo porci diverse domande tra cui: l’informazione è supportata da prove? Queste prove sono oggettive?

Va inoltre notato che essere in grado di applicare il pensiero critico è necessario per individuare e superare i pregiudizi cognitivi che possono limitare il ragionamento.

La scuola non è solamente luogo di incontro con la conoscenza teorica, ma anche di conoscenza con l’altro, con le differenze individuali, conoscenza dei propri limiti e delle proprie doti, è luogo di umanità prima che di apprendimento.

Occorre infondere fiducia, coraggio, empatia, difendere lo spazio emotivo di ciascuno e valorizzarne le potenzialità, tutelare le differenze, custodire l’errore, come elemento di arricchimento, come punto di lancio.

La forza di un maestro è portare luce e mantenere vivo il desiderio di conoscenza, come già sosteneva molti anni fa Maria Montessori: “Insegnare è portare un raggio di luce sul cammino dei propri alunni”.

Nelle Indicazioni Nazionali per il curricolo si legge: La scuola è perciò investita da una domanda che comprende, insieme, l’apprendimento e “il saper stare al mondo”.

Non è un caso che i temi che la scuola affronta sono educazione alla cittadinanza e alla legalità, cioè alla dimensione sociale ed etica del nostro “stare al mondo”.

Nella vita di tutti noi, in famiglia come nel lavoro il conflitto, inteso come discordanza, è inevitabile poiché è parte integrante della vita e delle relazioni umane.

Il conflitto è essenziale per presentare il proprio punto di vista e continuare ad avere un rapporto di relazione. Un gruppo in cui vi è assenza di conflitto (discordanza) è un gruppo statico e stagnante che non è orientato al confronto, al dialogo, alla sfida quotidiana, al cambiamento, visto in ottica di crescita e sviluppo.

Non esiste difficoltà che non possa essere risolta con il dialogo. Il dialogo ha una potenza dirompente in grado di generare quella consapevolezza comune, che consente successivamente di maturare riflessioni e prendere decisioni condivise, collettive, coerenti.

Però bisogna volerlo. Diversamente dal conflitto è il pettegolezzo, quando non si risolve con l’interessato ma si parla in altri contesti. In tal caso il conflitto diventa VIOLENZA.

Nei contesti di lunga reggenza quando si insedia un dirigente il vecchio modus operandi si confronta con il nuovo. Occorre tempo e pazienza per conoscersi e creare relazioni e comprendere che il ruolo della dirigente è quello di tutelare tutto e tutti e di essere a conoscenza dei fatti che accadono e soprattutto che ognuno rispetti il proprio ruolo.

La mia porta è sempre stata aperta, ho invitato al dialogo e ho ascoltato tutti coloro che lo hanno richiesto risolvendo prontamente problematiche urgenti per gli alunni.

Ho accettato la disponibilità a collaborare da parte dei docenti. Le loro dimissioni dalla collaborazione, richieste dai sindacati (così come a Garlasco) in data 6 marzo, volevano forse evitare il cambiamento, la crescita il confronto? Sono stata presente ogni giorno a scuola, aggiornando, innovando e governando con maggiore senso di giustizia e di umanità.

Non vi è alcun trasferimento da parte del personale (se non 2 per avvicinamento alla famiglia) e tutti i progetti sono stati attuati, il prossimo anno vi è una sezione in più alla scuola secondaria.

Difficilmente i genitori pensano di intraprendere di propria iniziativa un’azione così forte come uno sciopero, se l’hanno fatto significa molto probabilmente che sono stati rassicurati che l’azione in sé non comportava conseguenze. I bambini amano andare a scuola.

Se il corpo docente non è stato sereno avrebbe dovuto parlare con la dirigente, esporre il proprio stato d’animo senza coinvolgere nessun altro. Perchè a tutt’oggi non si conoscono ancora a cosa sono dovute “le tensioni” che mi sono state addebitate.

Di fatto se il lavoro viene svolto con cura e professionalità da parte di tutti, quella “tensione” si tramuta in serenità lavorativa.

Ho fatto tanto per l’IC 9, davvero tanto, e molti ne sono consapevoli.

Sonia Mastroleo