Forse ancora qualcuno lo ricorda, ma nelle notte del 13 dicembre del 1990 ci fu un devastante terremoto che scosse la Sicilia orientale da Siracusa ad Agusta, da Carlentini a Lentini, da Melilli a Francofonte. Non ci furono morti, ma le ordinanze di sgombero in seguito a sopralluogo lasciarono senzatetto alcune migliaia di famiglie e tre volte tante persone rimasero fuori di casa.
Ebbene quell’anno scolastico, per l’intero cratere interessato, considerato che quasi tutte le scuole furono dichiarate totalmente inagibili o parzialmente inagibili, fu giocoforza imporre, dopo la ripresa parziale delle lezione, i doppi turni.
Nella sola Agusta, si legge in una cronaca del tempo, dei “dieci istituti scolastici cittadini ne sono rimasti funzionanti solo quattro: i due plessi della scuola media Corbino sono totalmente inagibili; anche la scuola elementare “Cappuccini” è stata dichiarata totalmente inagibile; risultano gravemente danneggiati pure gli Istituti Tecnici Industriale e Commerciale: le lezioni sono state riprese parzialmente con forti ritardi ed in situazioni abbastanza precarie: gli alunni dell’Istituto Tecnico Industriale (complessivamente cinquecento) stanno continuando l’attività didattica con doppi turni presso i Licei classico e scientifico che il terremoto ha risparmiato;
i seicento alunni del Commerciale sono stati sistemati nei conteiners;
chiuse anche le scuole materne ospitate nei garages degli stabili lesionati dal sisma;
disagi e doppi turni anche per gli alunni delle scuole medie ed elementari del quartiere Borgata”.
E proprio in quell’anno, chi scrive insegnava ancora a Lentini (SR) nel nuovissimo “Polivalente” che però, presentando lesioni in molte aule, fu ritenuto parzialmente agibile, per cui l’ordinanza del sindaco e dell’allora provveditorato agli studi fu quella di stabilire i doppi turni, dopo alcune settimane di fermo delle lezioni.
Il ricordo è nitido: né i ragazzi, né i docenti, né le famiglie protestarono. Per alcuni mesi, dunque fino a primavera inoltrata, al Polivalente di Lentini un gruppo di alunni entrava dalle 8,30 del mattino fino alle 12,30 e un altro gruppo dalle 14,30 fino alle 18,30, usando solo le aule certificate sicure dal Genio civile.
Ma dovunque, nell’area interessata dal sisma, si adottò similare scelta, fino a quando, fatte le attese riparazioni, quella scuola non riprese a funzionare a pieno regime.
Ritornando al tempo del Covid-19, non si capisce perché quella esperienza in piccolo, limitata cioè alle sole cittadine colpite dal sisma, non si possa ripetere in grande, cioè in tutta Italia, considerato pure che si tratta di un doppio turno momentaneo, per alcuni mesi, a partire da settembre prossimo, e fino a quando le cose del contagio non tornano alla normalità.
Ma il doppio turno in Sicilia non è stato mai avvenimento raro, a causa proprio della mancanza di strutture, tant’è che negli anni Ottanta, quando la scolarità di massa raggiunse il suo apice, e non si parlava ancora di “autonomia scolastica”, erano tantissimi gli Istituti costretti ad adottare il doppio turno, sia per garantire il diritto allo studio e sia per consentire alle Amministrazioni locali e nazionali di provvedere con nuovi locali.
Ritornando ancora ai nostri giorni, piuttosto che inventarsi banchi in plexiglass, avventurose giostre verso spazi esterni come parchi, biblioteche, teatri, musei ecc., non è meglio implementare doppi turni a orario ridotto? Così come si fece per alcuni mesi in quel cratere delle province del siracusano, senza suscitare scalpore, scioperi, manifestazioni e proteste.
O forse quei docenti, quegli alunni, quel personale e quelle famiglie, essendo una sacca isolata, potevano farlo e accettarlo, mentre nel terzo millennio e nell’emergenza il doppio turno è tabù?
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