Mentre nel Paese salgono i ricoveri dei pazienti e la saturazione delle terapie intensive, e le isole, Sardegna e Sicilia, si apprestano tornare in zona gialla, con regole e misure anti-Covid più rigide, si ragiona sulla terza dose di vaccino, come abbiamo riferito più volte anche in relazione al personale della scuola.
Sul tema Massimo Galli, docente di Malattie infettive all’università Statale e primario al Sacco di Milano, nel commentare l’annuncio di Pfizer circa i primi dati sulla terza dose, si mostra cauto: “Non ho ancora visto i dati e finché non li avrò visti posso dire con tutta franchezza che questa storia non mi convince. Ci vuole qualcosa di un po’ più robusto per dire che la terza dose serve davvero, in che misura, quando e per chi”. Così all’Adnkronos Salute.
Non dà per scontata l’utilità di una terza dose di vaccino anti-Covid, l’infettivologo, specie perché ancora non abbiamo sufficienti informazioni sui tempi di copertura dopo la seconda dose.
“Correre in avanti, facendo un’altra dose, non so quanto vantaggio porti a chi risponde bene al vaccino. E, soprattutto, a quanto serva realmente a chi risponde male o affatto”. E spiega: “Questi ultimi se non hanno avuto una buona risposta a due dosi, non è detto che possano rispondere bene a una terza”.
Una questione che si porrà prestissimo nel mondo della scuola, considerando che i docenti hanno iniziato a vaccinarsi tra i primi (dopo i medici e i soggetti fragili). Dunque anche per loro bisognerà capire come l’organismo risponde al completamento del ciclo vaccinale a due dosi. Un soggetto che vi risponda molto bene potrebbe non avere bisogno della terza dose; un soggetto che vi risponda molto male, tendenzialmente risponderà male anche alla terza dose. Sarà lo studio analitico dei dati, spiega Massimo Galli, a guidare gli esperti nelle prossime settimane.
E sebbene secondo l’esperto i dati attuali sui contagi siano sottostimati perché riguardano chi fa il test, probabilmente una minoranza rispetto a quanti dovrebbero, sul futuro è ottimista: “La grande massa delle persone vaccinate farà sì che non avremo in autunno un’ondata comparabile a quella dello scorso anno. Lo scotto maggiore verrà pagato dalle aree del Paese dove ci sono ancora molte persone dai 50 anni in su non vaccinate. In quelle aree potremmo avere anche casi di una rilevante gravità e aumenterà la richiesta di ricoveri, ma comunque in una misura nemmeno vagamente comparabile a quanto abbiamo dovuto vivere in assenza di vaccino”.
Dunque, un settembre meno problematico di quello 2020, pronostica Massimo Galli, che ci fa immaginare anche un rientro a scuola con meno incognite.
“A fare la differenza tra settembre 2020 e settembre 2021 c’è il 66% degli italiani vaccinati che hanno avuto una dose di vaccino – commenta -. Si aggiunga anche un numero di guariti importante, che magari non si sono fatti vaccinare perché ancora protetti ed ecco che la percentuale di coloro che potranno essere soggetti all’infezione grave si riduce. Poi sarà fondamentale riuscire a vaccinare i giovani e i giovanissimi perché è l’unica arma che abbiamo per ridurre la circolazione di questo virus”, conclude.
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