Il docente e scrittore Enrico Galiano, su IlLibraio.it ha fatto una profonda riflessione sulla questione delle bocciature scuola, prendendo spunto dalla polemica che ha investito il virologo Roberto Burioni, che ha bocciato, ad un esame universitario, ben 398 studenti su 408.
Ecco le sue parole: “Questa storia torna fuori da anni: si boccia troppo poco! La nostra scuola va a rotoli perché vige la regola del tutti promossi! È uno dei cavalli di battaglia di molti esimi commentatori ed editorialisti: una scuola che non boccia non è seria, dicono. È una scuola buonista che non fa bene agli studenti, assicurano. Mettiamo subito in chiaro una cosa semplice semplice, oserei dire lapalissiana: se arrivi all’università e non sei preparato, è giusto essere bocciati”, ha esordito.
Secondo Galiano le bocciature non sono la soluzione; anzi, spesso in seguito ad esse a dover fare un esame di coscienza devono essere i docenti: “Però, però. Qui la domanda sorge spontanea, e dovrebbe invero essere la domanda che il professor Burioni dovrebbe farsi – o chi ha preparato in vece sua gli studenti per quell’esame – e cioè: non è che forse forse questi studenti sono stati preparati male? Insegnando da anni ho individuato una soglia, spannometricamente da stabilire fra metà e un terzo degli studenti insufficienti, oltre la quale so che chi ha fatto male non sono stati loro, ma io”:
“I motivi? Possono essere mille: magari li ho messi davanti alla prova troppo presto, oppure non mi sono sincerato che avessero davvero compreso gli argomenti. Fatto sta che se la metà di loro è andata male, sono io che sono andato male. La morale di questa storia è abbastanza semplice: se ci sono troppi studenti impreparati, non è bocciare la soluzione. La soluzione è prepararli meglio. Offrire loro motivazione e stimolo. È il famoso principio del dentifricio: prevenire è meglio che curare”, ha aggiunto.
Ed ecco un paragone: “Essere fan della bocciatura come soluzione è un po’ come credere che, per aver meno carie e denti più puliti in giro, il segreto sia darci sotto con trapani e dentisti. Ma io la conosco l’obiezione: il trapano non deve essere usato, solo sventolato davanti al mangiatore seriale di caramelle. Fuor di metafora: sventolare la minaccia della bocciatura dovrebbe servire, nella mente di molti, a stimolare il pigrone a darsi da fare”.
Ed ecco alcuni dati: “Prima cosa da far sapere: i paesi con le scuole migliori al mondo coincidono anche con i paesi in cui le bocciature sono praticamente azzerate. Che strano eh? Seconda cosa da far sapere: i principali studi sul tema negli ultimi trent’anni sono concordi nel dire che solo in pochi casi la bocciatura serve da stimolo; solo entro certi limiti sprona gli studenti a far meglio. Per il resto, ogni bocciatura (specie in età più fragili come primaria e medie) crea danni a lungo termine, demoralizzazione e perdita di autostima, stigma e isolamento sociale. E infatti incide in maniera pesante sulla dispersione scolastica”.
“No: bocciare non è la soluzione. È solo la risposta più facile. La meno coraggiosa. La più coraggiosa? Ammettere che quando tanti studenti arrivano non preparati il problema è a monte, perché le disparità si evidenziano già fra l’infanzia e la primaria. Ammettere che è stata la scuola a non prepararli, a non metterli in condizione di farcela. Ammettere che bisogna rimboccarsi tutti le maniche e offrire loro una scuola diversa, più stimolante, migliore, non bastonarli perché dentro una scuola che tira a campare coi quattro soldi che ha, che cade letteralmente a pezzi, senza riscaldamento, in classi con 30 studenti, non trovano le motivazione per studiare. Eddai. Vogliamo denti più puliti in giro? Laviamoci i denti con loro con entusiasmo e investiamo in dentifrici e spazzolini, non in trapani”, ha concluso Galiano.
Otto docenti su dieci dicono sì alla bocciatura. Quasi 9, in realtà, l’86,6% degli intervistati. Una maggioranza schiacciante. E lo stesso vale per i genitori; cifre che si abbattono nel caso degli alunni, tra i quali sono a favore della bocciatura in 6 su 10. Le indicazioni giungono da un sondaggio della Tecnica della Scuola di giugno 2022, cui hanno risposto 893 lettori (l’84,5% dei quali docenti).
Ma le risposte più interessanti provengono dal quesito a risposta aperta, nel quale abbiamo chiesto ai nostri lettori se sia possibile, a loro modo di vedere, una scuola senza bocciature. Come spesso accade, il tema appare divisivo nel mondo della scuola.
Le risposte sono infatti numerose in tutte le direzioni: c’è chi ritiene non meritocratica, e anzi antieducativa, una scuola che “dimentichi” di bocciare; e chi crede che una scuola efficace debba lavorare senza bocciature, ma certificando competenze e livelli.
L’accordo sembra però unanime nel dire che nella scuola ideale, quella senza bocciature, occorrerebbe avere meno alunni per classe e una didattica davvero attiva e laboratoriale, arricchita da aule e da edifici all’altezza dell’arduo compito. Insomma, anche volendo, non ci sono le condizioni per una scuola così.
“La bocciatura è il gesto estremo quando tutto il resto è fallito,” sottolinea una lettrice della Tecnica della Scuola, ma “occorre riformare pesantemente il sistema per eliminare la necessità di bocciare,” e siamo ben lontani dal poterlo fare, come constatiamo ogni volta che sull’Istruzione si decide di disinvestire (la spesa per l’istruzione negli anni 2022-2025 – così mette in programma il Governo nel Documento di Economia e Finanza – passa ad esempio dal 4 al 3,5% del PIL).
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