Che la questione dei test di ingresso all’Università sia controversa lo sappiamo da quando tali prove esistono (fu la legge 264 del 2 agosto 1999 a programmare a livello nazionale gli accessi ad alcuni corsi di Laurea). In che relazione sia il numero chiuso a Medicina con la carenza attuale di giovani medici è questione controversa; quanto il numero chiuso sia servito a migliorare la qualità del percorso di studio per gli aspiranti medici lo potremmo chiedere, invece, agli studenti. E da loro scopriremmo che, soprattutto negli anni iniziali, prevale ancora uno studio brutalmente mnemonico, che poco ha a che fare con la futura capacità professionale dei medici; scopriremmo che i tirocini sono insufficienti e che, in una facoltà in cui prassi e teoria dovrebbero procedere parallele, si è ben lontani dall’aver raggiunto tale equilibrio.
La situazione non dev’essere troppo diversa in altri Paesi europei se, in un recente film francese (Première année di Thomas Lilti), alla domanda tra quale sia la differenza tra uno studente di altre facoltà ed uno studente di Medicina si risponde: “Chiedigli di studiare l’elenco telefonico a memoria: lo studente “medio” ti domanderà “perché?”, lo studente di Medicina vorrà sapere per quando”.
Nonostante quel che aggiungeremo in conclusione sul numero chiuso, gli esperti del settore non ritengono che il numero di medici laureati ogni anno sia insufficiente. Invece sono tutti d’accordo sul fatto che siano troppo poche le possibilità di inserirsi in un corso di specializzazione o di ottenere una borsa in Medicina generale; a questa carenza si potrà provvedere soltanto con bandi di concorso adeguati e conseguenti assunzioni. Se guardiamo alla Legge di bilancio appena approvata, nonostante la propaganda fatta dal Governo, cade ogni speranza di miglioramento in tempi brevi. Un solo esempio, ma chiaro: per ridurre le liste d’attesa si provvederà ad aumentare la tariffa oraria per le prestazioni aggiuntive di medici e infermieri: 100 euro per i medici; 60 euro per infermieri (raddoppia rispetto ai 30 attuali). Spesa complessiva di 280 milioni di euro che, se confrontata con la spesa prevista per il reclutamento del personale (primo investimento: 250 milioni di euro, ma soltanto a partire dal 2025) ci rivela la serietà delle intenzioni governative. Per giunta, tra i non molti laureati parecchi decidono di emigrare, per poter svolgere un lavoro meglio retribuito e in migliori condizioni. I dati OCSE ci dicono che tra il 2019 e il 2021 si sono trasferiti all’estero 15.109 infermieri e 21.397 medici. Se teniamo conto che la formazione di un medico comporta un costo per l’erario pubblico di circa 100mila euro, che salgono, con l’acquisizione del titolo di specialista, fino 150.000 euro pro-capite valuteremo a pieno l’entità del fenomeno. E capiremo quanto siano astuti i nostri governanti, quelli stessi che ad ogni pie’ sospinto parlano di “capitale umano” da valorizzare ed anche quanto la favola della disoccupazione legata alla mancanza di formazione adeguata sia una storiella buona esclusivamente per i bambini, un insopportabile leitmotiv intonato, da decenni, dai governanti di ogni colore politico.
I test di ingresso a Medicina hanno favorito due fenomeni: il proliferare di corsi, spesso molto costosi, per la preparazione alla prova e i ricorsi degli esclusi. Ricorsi, bisogna precisare, quasi sempre vinti dai ricorrenti, vista la zoppicante “architettura” normativa dei test. Quindi, per chi ha una famiglia facoltosa alle spalle, il modo di superare il test si trovava e si trova; alla malaparata, se proprio il rampollo non ce la fa, basta mandarlo a studiare in qualche compiacente università privata estera e il gioco è fatto. È questa la meritocrazia all’italiana, che conferma il privilegio economico e nega il diritto allo studio?
Lo scorso anno si è data agli studenti del quarto anno delle superiori la possibilità di anticipare lo svolgimento delle prove di ingresso; chi ha provato e magari brillantemente superato le prove è ora sospeso in un limbo. Sarà inserito in graduatoria in posizione utile per l’iscrizione Medicina? Nel 2023 ai TOLC si poteva accedere tramite l’iscrizione a cisiaonline. La perversa passione tutta italiana per gli acronimi e per i grovigli burocratici trionfa di nuovo: quest’anno i TOLC (per i lettori non affetti dalla “sindrome da acronimo” chiariamo: Test OnLine CISIA; il CISIA è il “Consorzio Interuniversitario Sistemi Integrati per l’Accesso”) sono già stati modificati (dopo un solo anno!) e slittano ad aprile e maggio. Come mai? Pare proprio che ciò derivi dal cospicuo numero di ricorsi presentati dagli studenti che avevano affrontato il test senza superarlo. Si attende in questi giorni la sentenza del TAR del Lazio: gli avvocati che hanno presentato ricorso si appoggiano, come ci informa Il Sole24ore del 10 gennaio scorso sulla “relazione tecnica stilata dall’ingegnere Carmelo Pino, esperto in Intelligenza artificiale, che confuta e mette in discussione l’intero sistema utilizzato dal Cisia per equalizzare i punteggi dei Tolc”.
Grande confusione sotto il cielo, dunque: ma non c’è niente per cui essere allegri. Per gli studenti del quarto anno che avevano affrontato la prova nel 2023, il Ministero rassicura: sta studiando la possibilità di farla valere comunque!
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