I docenti non ci stanno: 110 insegnanti di un liceo di Bologna, come riporta La Repubblica, hanno scritto una lettera intitolata “Il tempo della scuola” per protestare e chiedere alle università di rivedere le modalità di ingresso, i famosi test, e di restituire alla Maturità il suo valore.
In particolare, i docenti mal sopportano i test d’ingresso anticipati, che gli studenti svolgono mentre frequentano l’ultimo anno di scuola superiore. “È forte il disagio maturato in questi anni negli Istituti scolastici secondari superiori per il crescente e pervasivo svolgimento degli esami di ammissione e colloqui universitari durante gli ultimi due anni del curricolo scolastico”, comincia il documento.
Spiegando che “parti maggioritarie dei gruppi classe nell’anno terminale sono sottoposte a una evidente soluzione di continuità nel coinvolgimento e apprendimento primario nel corso di studi scolastico. I singoli vengono letteralmente vampirizzati, data l’ansia per le prestazioni esterne richieste, quindi distolti da finalità che vengono ovviamente considerate come sovraordinate alla frequenza e impegno nel curricolo scolastico”.
In pratica quello che succede è che “alcuni già dalla quarta iniziano i test, soprattutto per le private, come la Bocconi e il San Raffaele, gli altri in quinta, e da quel momento gli studenti sono concentrati solo su quell’obiettivo. Con diverse assenze per i colloqui. È un meccanismo che finisce per svuotare di senso l’ultimo biennio” spiega un prof di storia e filosofia, che ha sollevato il tema nell’ultimo consiglio dei docenti, accolto dai colleghi con una standing ovation. L’altra conseguenza è che la Maturità perde il suo valore di rito di passaggio.
“Per uno studente che sa già di essere stato preso a Medicina o a Ingegneria, l’esito finale del percorso diventa ininfluente con una ricaduta devastante sulla partecipazione”.
La richiesta sarebbe quella di fare sì che la scelta universitaria sia spostata in avanti. “Una volta il voto di maturità consentiva l’accesso ad alcuni percorsi, ora le università vogliono fare da sé, per questioni anche organizzative, è come se non si fidassero più della scuola”.
Nella lettera scrivono così: “Dalle singole giornate di orientamento nei due anni terminali, siamo passati a una vera e propria invasione di campo intollerabile che frammenta e ostacola un apprendimento disinteressato e un ordinario svolgimento dell’anno scolastico”
I test di accesso alle facoltà infatti nulla c’entrano con i programmi di quinta. “Sono per lo più test logico-cognitivi. E a quel punto cosa gliene può importare a un diciottenne di studiare Bergson o Dante? Tra l’altro il punteggio dei test determina anche se studieranno a Catanzaro o a Bologna”. C’è poi un ultimo aspetto. “Viene meno l’idea della scuola egualitaria garantita dalla Costituzione. Il diploma lo possono ottenere tutti, i test si preparano con corsi a pagamento, anche esosi”, conclude il docente.
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