Sarebbe un errore introdurre un sistema di valutazione degli insegnanti attraverso l’esito della somministrazione dei test Invalsi già utilizzati per gli alunni. Il messaggio arriva dal seminario “Valutazione della Cultura, Cultura della Valutazione”, svolto il 3 giugno a Roma per iniziativa della Cisl Scuola.
Giancarlo Cappello, dell’ufficio Studi Cisl Scuola Nazionale, ha introdotto il convegno ricordando che la valutazione è insita nella vita di tutti i giorni: sempre si è giudicati, ancora di più nelle dinamiche del servizio pubblico. Dobbiamo però sapere che si tratta di un processo non certo innocuo, anzi “comporta dei rischi”. Soprattutto se ci limitiamo a misurare la valutazione sulla base “delle prestazioni”.
Vincenzo Alessandro, segretario generale Cisl Scuola Lazio, ha sottolineato le storture con cui la stampa, anche quella specializzata, rappresenta genericamente il sindacato arroccato in difesa dello ‘status quo’: “a loro e al presidente del Consiglio, che per la giovane età è inconsapevole della nostra storia sindacale, dico che da parte nostra non vi è alcun corporativismo”. La Cisl è quindi favorevole “ad una valutazione di sistema che faccia uscire il personale dell’autoreferenzialità”.
Alessandro ha però anche messo in guardia da certe forzature, come quella del ministro Giannini, di far valere l’esito dei test Invalsi anche per i docenti. A tal fine ha citato i dubbi espressi da esperti come il professor Giorgio Israel. E anche della Fondazione Agnelli, che nel mese di febbraio ha pubblicato un rapporto nel quale esprime “forti dubbi sull’affidabilità delle prove standardizzate” applicate ai docenti. Anche perché, ha spiegato il rapporto, la valutazione dei prof a livello internazionale “non è così frequente e pressoché inesistente in Europa”.
È allora bene che si espliciti quali strumenti e mezzi mettere in atto per realizzare la valutazione. Alessandro ha chiesto al Governo “almeno un altro segnale prima di dire che la scuola è al centro della nuova politica: noi siamo favorevoli al rilancio della sicurezza e dell’edilizia scolastica, ma serve un cambiamento di indirizzo sul fronte del contratto, ormai fermo da sei anni”. Bisogna poi finirla con il rapportarsi solo con l’elettorato: “la scuola è un meccanismo complesso e bisogna coinvolgere chi le riforme le deve attuare”.
Secondo Damiano Previtali, docente che opera sulla valutazione in seno al Miur, sarebbe fondamentale avere un sistema un sistema efficace di autovalutazione. Ma non può essere un adempimento esecutivo,anche perchè le scuole già lo fanno. Più la valutazione contiene aspetti di terzietà e di indipendenza, ha aggiunto, più sarà efficace. Pensiamo cosa potrà accadere quando toccherà a docenti e dirigenti scolastici. Il problema è che nelle scuole italiane abbiamo solo “una retorica dell’autonomia”.
Per questo occorre “lasciare libere” il più possibile le scuole. È impossibile, ha detto ancora Previtali, che l’Europa imponga dei modelli; è possibile, invece, che condivida dei passaggi chiave. Ad esempio la valutazione esterna, che deve sempre procedere dopo quella interna. L’importante è che si misuri tutto quello che è misurabile, nulla di nuovo visto che lo sosteneva Galileo Galilei 500 anni fa. Non occorre pensare, ha continuato l’esperto di valutazione, tuttavia ad una valutazione standardizzata.
Previtali ha poi fatto notare che negli ultimi anni gli stipendi dei docenti sono gli unici a livello di PA ad essere fermi: occorre tuttavia rivedere il concetto di aumento legato solo all’anzianità. Quel che serve, ha concluso, sono gli esiti dei processi formativi ed educativi. Che non sono solo le prove Invalsi.
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