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Test Invalsi e calo competenze alunni, Ajello: l’errore è svalutare la scuola e fermarsi all’infarinatura

Quelli emersi quest’anno dal Rapporto annuale Invalsi, il primo dopo il Covid, sono dati preoccupanti: stare lontano a lungo dai banchi ha avuto delle conseguenze. In alcune zone non è stata solo la scuola ad avere peggiorato le competenze degli alunni. È uno dei passaggi affrontati da Anna Maria Ajello, presidente Invalsi dal 2014, durante la presentazione dei dati alla stampa.

Anche se la DaD è stato l’unico modo per collegare scuola e discenti, in certi casi, ha detto la presidente, “una responsabilità politica c’è, perché nei fatti Campania e Puglia sono state chiuse a lungo. C’è stata una svalutazione della scuola, considerata non granché. Quando si dice che si può non andare a scuola, si svaluta la scuola, perché è come dire che possiamo farne a meno”.

L’importanza della scuola: interventi “lunghi”

Quello che emerge da questi numeri, ha continuato la presidente Invalsi, è soprattutto “l’importanza di potere andare a scuola. Quando andavo a scuola io, in presenza di un alto tasso demografico, si faceva lezione anche il pomeriggio”, facendo così intendere che non vi sarebbe alcun problema nell’attuare doppi turni di lezione per mancanza di spazi.

Chiediamo alla presidente Invalsi come si potrebbero recuperare i ritardi. “È una competenza dell’Indire come agire”, replica Ajello.

Nel corso dell’intervento, comunque, la presidente Invalsi aveva anche tenuto a dire che “gli interventi da attuare non si fanno su un anno, ma serve una programmazione pluriennale. Altrimenti non si fa nulla. Si mettono delle pezze che cadono dopo un po’”.

Lo studente lascia? Abbandono reciproco

L’attenzione si è concentrata anche sulla dispersione scolastica. “Quando si lascia la scuola è bene sapere che l’abbandono è reciproco: non è solo lo studente che abbandona gli studi ma anche la scuola che abbandona lo studente. La scuola abbandona questi studenti, quelli della dispersione implicita, che ripetutamente raggiungono livelli di competenze 1 o 2, trattandoli come fossero studenti di serie B”.

In generale, comunque, sempre secondo la presidente Invalsi “l’incremento della povertà educativa che si intravede richiede una prospettiva multifattoriale con azioni complementari tra organizzazioni diverse: scuole; enti locali; fondazioni; terzo settore. La scuola in alcuni contesti da sola non ce la può fare”, ha sottolineato la presidente confermando la necessità di un’azione su più fronti.

Test Invalsi fondamentali

La numero uno dell’Invalsi ha quindi ricordato quanto sia “fondamentale avere misure di riferimento” per capire come procedono gli studi. Quello che l’Invalsi va a misurare, ha ribadito, sono “competenze fondamentali: comprensione del testo, fare elaborazioni quantitative, sapere l’inglese nei livelli prescritti dalle Indicazioni Nazionali e dalle Linee guida, tutti prerequisiti per l’accesso all’esercizio dei diritti di cittadinanza devono far anche riflettere sull’approccio didattico degli insegnanti”.

Didattica più in profondità

Riferendosi all’offerta formativa e alla didattica, Ajello ha poi tracciato la strada che bisognerebbe intraprendere.

“Bisogna fare meno ma più in profondità, verso il pieno possesso, non fermarsi all’infarinatura. Un argomento comunque non facile da inquadrare. Perché quando si parla di docenti ci riferiamo a 800 mila persone”, ha concluso Anna Maria Ajello.

Alessandro Giuliani

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