L’obbligatorietà dei test Invalsi, ancora presente nella scuola media, potrebbe presto venire meno: lo ha fatto intendere il titolare del Miur, Lorenzo Fioramonti, colloquio con La Tecnica della Scuola per rispondere ai tanti quesiti posti dai lettori della testata giornalistica specializzata nell’ambito dell’iniziativa “Dillo al Ministro”.
“Credo molto nella valutazione – ha detto il responsabile numero uno dell’Istruzione italiana – perché è utile, se intesa come un’agevolazione per docenti e studenti. Abbiamo anche avviato un’interlocuzione con l’Invalsi e l’Ocse. Però, non deve essere un onere. Perché non si deve studiare per passare il test di valutazione. Deve essere quasi invisibile. Va fatta in modo tale per comprendere, ad esempio, le carenze formative”.
Fioramonti guarda al dopo. “E poi cosa fare una volta individuati i problemi? Non certo punire, ma capire cosa fare per essere più efficienti. E premiare chi ha incrementi proporzionali migliori e non semplicemente chi già fa bene la sua attività”.
Il ministro intende anche mettere mano all’organizzazione su cui poggia la valutazione oggi in Italia. E non solo degli alunni. “Noi abbiamo due istituti: l’Invalsi, che è il termometro, e l’Indire, che studia come migliorare le scuole: queste realtà, devono lavorare meglio”.
Quindi, ritorna sul concetto di fondo: “Non basta dire alle scuole che ci sono carenze e arrangiatevi. Dobbiamo lavorare sulle carenze ed intervenire dove c’è più bisogno, magari con finanziamenti maggiori dove c’è più bisogno”.
Poi, il ministro esce ancora più allo scoperto: “Sono contrario all’obbligatorietà dei test Invalsi, perché rischiano di diventare un ulteriore onere: deve diventare un agire volontario, fornito gratuitamente e sarebbe bello avere la fila fuori dalla porta per fare i test Invalsi. Quest’anno li hanno svolti oltre il 90% degli studenti e non era obbligatorio: forse il percorso è già cominciato”.
Anche sull’esame di maturità si prospettano dei cambiamenti. Dopo aver premesso che “la questione è importante, ma non è possibile che ogni ministro che arriva cambi l’Esame di Stato”, perché la novità da apportare “rischia di diventare un elemento di narcisismo: basta un decreto ministeriale”.
Poi, però, si crea disorientamento tra mezzo milione di maturandi: “L’anno scorso – ricorda Fioramonti – a marzo e ad aprile ricevevo ancora domande dagli studenti che non sapevano come si sarebbe svolto l’Esame di Stato. Dobbiamo dare agli studenti un orizzonte temporale su cui prepararsi, devono sapere che a giugno verranno valutati sulla base di questi meccanismi”.
Il ministro dell’Istruzione fa intendere che cambierà la terza prova, quella del colloquio: “Sulle buste, che è un elemento formale più che sostanziale, stiamo valutando quale intervento fare. Perché le buste, è vero, seppure garantiscono trasparenza, necessitano di tempo e risorse. E io vorrei evitare che ore e ore si perdessero per cercare di distribuire quesiti. Mentre le commissioni devono dedicarsi alla valutazione e all’Esame degli studenti. E non fare delle ‘lotterie’”.
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