Tre lavoratori su dieci al momento avrebbero rifiutato i test sierologici per docenti e Ata in vista del rientro a scuola. Lo fa sapere il segretario nazionale della Federazione dei medici di medicina generale (Fimmg), Silvestro Scotti, che ha spiegato come stanno procedendo le cose dopo l’avvio dei test sierologici per il personale della scuola, campagna iniziata per tutto il territorio nazionale il 24 agosto e che si concluderà il prossimo 7 settembre.
Il dato fornito dalla Fimmg riguarda gli insegnanti o collaboratori scolastici che sono stati contattati dagli studi dei medici di famiglia per sottoporsi al test. In realtà, come sottolinea lo stesso Scotti, non è previsto un obbligo in tal senso: ciascun medico di famiglia ha in media 30 pazienti (da un minimo di 15 a un massimo di 50) a cui viene proposto il test volontario. Ogni camice bianco ha, si legge sull’ADNKronos, da alcune settimane, un elenco degli aventi diritto “e molti di noi li hanno già contattati tutti per gli appuntamenti. Ricevendo, nel 30% dei casi un rifiuto. Un dato, quest’ultimo, che, tra l’altro, non ci viene chiesto di registrare”, dice Scotti, spiegando che i medici non sono tenuti a contattare direttamente i pazienti.
Infatti, la circolare prevede il processo contrario, ovvero che sia il paziente a contattare il medico e prenotare il test sierologico.
Per questo, spiega Scotti, si tratta di “una nostra iniziativa, utile per organizzare il lavoro e inserire i test. Personalmente, per esempio, dedico a questa attività una seduta fuori dall’orario di studio, con i dovuti distanziamenti. La mia segretaria ha già chiamato tutti. E il 30% ha rifiutato. Un dato riscontrato anche da altri colleghi che applicano la medicina di iniziativa, contattando i pazienti“.
Il medico tuttavia crede nei ripensamenti e nelle prenotazioni dell’ultimo minuto: in questo caso, con un eccessivo affollamento di test negli ultimi giorni previsti prima del rientro a scuola, si creerebbe caos che, a parere di Scotti, può essere evitato: “temo che il 31 agosto, lunedì prossimo, potremmo avere un boom di richieste, legato a ripensamenti dell’ultimo momento. Questo potrebbe creare intasamenti. Mi appello al senso del dovere dei docenti e degli operatori in modo da non creare intoppi organizzativi. I medici sono disponibili ma serve collaborare“, conclude il segretario Fimmg.
Su Open, invece, il vicesegretario Fimmg Crisarà si spinge anche oltre, ritenendo che un atteggiamento del genere potrebbe contribuire ad una nuova chiusura: “Non possiamo permetterci di tornare alla didattica a distanza – ha detto il medico – perché è un sistema classista che lascia fuori chi non ha computer sufficienti o una connessione internet adeguata. Fare la propria parte è un dovere morale”. Secondo Crisarà, gli insegnanti si rifiutano di fare i test “per lo stesso motivo per cui folle di persone si sono ammassate nei locali di Briatore o nelle mete vacanziere. La gente crede che il virus sia acqua passata, oppure che se mai si infetteranno non sarà poi niente di così grave. Certo che il governo avrebbe dovuto evitare le riaperture incondizionate, ma quello che manca davvero ai cittadini è una coscienza di comunità”.
Ritardi e affollamenti che in alcune regioni potrebbero diventare pesanti: infatti, abbiamo già riportato la segnalazione della stessa Federazione medici sul fatto che i medici di base di alcune Regioni riceveranno il kit per i test sierologici scuola in ritardo. Problema legato principalmente all’organizzazione delle Regioni, secondo la Fimmg, visto che il materiale necessario ai test sierologici per docenti e Ata devono essere ritirati dagli stessi medici: “Siamo noi a dover ritirare il materiale, ma fare 120 km per il ritiro – come può accadere in alcune aree del Paese – si trasforma in uno spreco di tempo sottratto ai pazienti. Si potrebbe pensare di far arrivare i kit ai colleghi attraverso la Protezione civile o la Croce rossa“.
E’ chiaro che tale intoppo potrebbe in alcuni casi rallentare la somministrazione dei test sierologici.
Anche perchè la questione test sierologici non gode di grande simpatia e approvazione: ha tenuto banco nei giorni scorsi, infatti, la spaccatura creatasi all’interno della categoria dei medici di base: da un lato alcuni medici di famiglia hanno esposto timori a somministrare nei loro studi medici i test al personale scolastico, perché, sostengono, non vi sarebbero sufficienti misure di sicurezza per svolgerli. Dall’altro lato, la Cisl Medici, a proposito della decisione presa da numerosi dottori di base del Sindacato medici italiani – che rappresenta circa 8 mila medici tra ospedalieri, di famiglia e guardie mediche ha invece detto che “tirarsi indietro è una vergogna, va dato un segnale di responsabilità, nel momento in cui sta arrivando la seconda ondata di Covid non possiamo tirarci indietro, il nostro codice deontologico è chiaro in tal senso”.
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