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Test sierologici per docenti e Ata, in alcune regioni si dovrà attendere: medici di base senza kit per somministrarli

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Era stato già accennato in precedenza adesso arriva la conferma: in molte regioni mancano i kit per i medici di famiglia, che da oggi, 24 agosto, avrebbero dovuto avviare la somministrazione dei test sierologici scuola per il personale docente e Ata.

Mancano i kit: in alcune regioni si dovrà attendere

A segnalare il disagio è Domenico Crisarà, vice segretario della Federazione dei medici di medicina generale (Fimmg) che, pur ammettendo che si tratta di un ‘intoppo’ “comprensibile in questa situazione di emergenza”, invita però, a migliorare la macchina organizzativa.

“Noi siamo pronti, ma ci sono delle difficoltà ‘di partenza’ che non dipendono dai medici. Purtroppo in diverse regioni ci segnalano che i kit non sono ancora disponibili”, dice Crisarà che aggiunge: “Come medici di famiglia Fimmg abbiamo ritenuto doveroso dare il nostro apporto per la ripartenza della scuola in sicurezza e in presenza. Ma è importante anche poter contare su una organizzazione efficace. Ovviamente a partire dalla distribuzione dei test: molti colleghi hanno cominciato a chiederli alle strutture di riferimento venerdì senza trovarli. Sarebbe poi utile, nelle zone più disagiate, fare arrivare i kit direttamente ai medici“.

“Perchè dobbiamo ritirare noi il materiale?”

Secondo il vice segretario Fimmg uno dei problemi sarebbe legato al meccanismo previsto per il ritiro del materiale: “Siamo noi a dover ritirare il materiale, ma fare 120 km per il ritiro – come può accadere in alcune aree del Paese – si trasforma in uno spreco di tempo sottratto ai pazienti. Si potrebbe pensare di far arrivare i kit ai colleghi attraverso la Protezione civile o la Croce rossa“.

Ecco perchè l’organizzazione deve essere migliorata da più punti di vista. Tenendo conto anche della peculiarità dei kit. Ad esempio, si legge sull’AdnKronos, per quanto riguarda il Kit che permette di avere una risposta in 7 minuti con l’analisi del sangue prelevato dal dito, questo è fatto da pochi pezzi: la ‘saponetta’ (il supporto per l’analisi), il reagente, il capillare (una pipetta che estrae il sangue dal dito), il pungidito. “In alcuni casi – spiega il sindacalista – questa mattina non erano disponibili i capillari. Una stupidaggine, ma questo non permette di partire con i test“.

Colpa delle Regioni?

Secondo Crisarà l’intoppo deriva da una non perfetta organizzazione delle Regioni: “Ci aspettavamo che almeno negli ultimi giorni della scorsa settimana i kit fossero pronti, e che stamattina si sarebbe potuto procedere rapidamente. Anche perché, non avendo il materiale, il medico ha difficoltà a sollecitare i pazienti. Senza i kit in mano anche dare gli appuntamenti, con tutta la buona volontà, è difficile“.

Test sierologici: si può andare alla Asl in alternativa

La questione test sierologici ha tenuto banco nei giorni scorsi anche a causa della spaccatura creatasi all’interno della categoria dei medici di base: da un lato alcuni medici di famiglia hanno esposto timori a somministrare nei loro studi medici i test al personale scolastico, perché, sostengono, non vi sarebbero sufficienti misure di sicurezza per svolgerli. Dall’altro lato, la Cisl Medici, a proposito della decisione presa da numerosi dottori di base del Sindacato medici italiani – che rappresenta circa 8 mila medici tra ospedalieri, di famiglia e guardie mediche ha invece detto che “tirarsi indietro è una vergogna, va dato un segnale di responsabilità, nel momento in cui sta arrivando la seconda ondata di Covid non possiamo tirarci indietro, il nostro codice deontologico è chiaro in tal senso”.

Ricordiamo che un mese fa il commissario straordinario per l’emergenza Domenico Arcuri aveva detto che per somministrare i test “ci avvarremo dei medici di famiglia, delle Asl e dei distretti sanitari e l’operazione verrà ripetuta nel corso dell’anno con delle cadenze in base all’evoluzione della pandemia”. Inoltre, il commissario aveva detto che “l’operazione verrà ripetuta nel corso dell’anno con delle cadenze in base all’evoluzione della pandemia”.

Non sono pochi i casi di docenti che, sentito il proprio medico di famiglia, già nei giorni scorsi, si sono sentiti rispondere: “io non so nulla. Al momento non so come aiutarla”