La scuola continua ad essere al centro dei pensieri dei nostri politici: stavolta è stato il vicepremier e ministro dell’Interno, Matteo Salvini, commentare la notizia del bambino di sette anni che in una scuola di Coverciano, in provincia di Firenze, ha colpito con una testata la propria maestra, procurandogli una probabile frattura nasale, dopo che il giorno prima sembra che avesse addirittura lanciato un coltello in classe.
Salvini è categorico ed invia un monito a quei genitori che non si impegnano nell’assolvere il loro ruolo primario di educatori: “Noi riporteremo l’Educazione Civica nelle scuole, ma certi ‘genitori’ cosa insegnano ai loro figli???”.
“Qualche NO e qualche ceffone ogni tanto farebbero bene”, ha fatto sapere il leader leghista.
Nessun accenno viene fatto da Salvini, però, alle probabilissime difficoltà di interazione e di scolarizzazione del bambino: il fatto che non fosse un alunno “certificato” non significa che non si tratti di un alunno particolare. I continui scatti di rabbia e di violenza, di cui parla il giornale locale La Nazione, fanno anzi propendere per l’ipotesi che il bimbo necessiti di attenzioni particolari. E che possa essere classificato, quanto meno, come Dsa oppure come Bes.
Ed in questo caso, i “ceffoni” di cui parla il vicepremier non servirebbero a molto. Sarebbe molto più utile predisporre un programma di trasmissione delle regole, ad hoc, magari attraverso dei progetti, i docenti di potenziamento oppure esperti esterni.
È auspicabile, su questo siamo d’accordo con “l’invasione di campo” del vicepremier, che la famiglia (se collaborativa) interagisca al più presto con la dirigenza scolastica ed il corpo insegnante: perché occorre predisporre, senza dubbio, un intervento mirato e condiviso, da attuare non solo tra le mura scolastiche.
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