Oggi saranno davanti alla sede del Ministero dell’Istruzione, scrive Il Fatto Quotidiano, per chiedere di dare valore al titolo abilitante ottenuto con tre prove concorsuali. Docenti senza una cattedra, esclusi dalle graduatorie ad esaurimento, e presumibilmente scavalcati dai circa 70mila prof dei Pas che il Miur abiliterà se avranno maturato almeno tre anni di supplenze fra il 1999 e il 2013.
“Verremo scavalcati in graduatoria da decine di migliaia di colleghi che hanno più anni di servizio, ma a differenza nostra non hanno superato alcuna prova concorsuale”, sostengono i tieffini, col rischio di rimanere ancora a lungo disoccupati.
“Non potremo essere tutti 11mila, ma ci saranno rappresentanze di tutta Italia”, dice il Coordinamento nazionale Tfa ordinario, che ha organizzato la manifestazione. “Vogliamo continuare a far sentire la nostra voce”, mentre una delegazione sarà ricevuta in mattinata dal capo di gabinetto Alessandro Fusacchia.
Le richieste dei tieffini, sottolinea Il Fatto, si muovono in due direzioni: possibilità di stabilizzazione (tramite concorso o graduatoria); e differenziazione rispetto ai Pas.
Dicono ancora i docenti del Tfa: “Noi siamo a favore dei concorsi. Ma siccome non ci pare che il Ministero abbia intenzione di emanare in tempi brevi un nuovo bando, chiediamo di mantenere il doppio canale di assunzione. E di dare un valore al nostro titolo, inserendoci nelle graduatorie ad esaurimento. Non abbiamo nulla contro i Pas, siamo contro il loro percorso. È una grande bugia quella che dipinge i Pas come i precari storici della scuola: anche noi lo siamo. L’età media dei tieffini è superiore ai 38 anni, non siamo solo dei neolaureati impazienti, come sostiene qualcuno. L’unica differenza è che noi abbiamo vinto un concorso, loro no”.
Per questo gli abilitati ordinari chiedono che nelle graduatorie d’istituto venga inserito solo chi è già abilitato ma soprattutto pretendono un diverso valore per i due titoli di abilitazione.
“Siamo fiduciosi. Rispetto alla precedente gestione della Carrozza, sentiamo che il ministro Giannini ed il suo staff sono molto più attenti al problema”. Anche perché, aggiungono, “in gioco non ci sono solo i nostri interessi personali: dalla nostra battaglia dipende la credibilità del sistema di reclutamento e della scuola italiana”.
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