In questi giorni, sono diversi i docenti che si chiedono se partecipare o meno ai test d’accesso ai corsi di specializzazione nel sostegno agli alunni disabili: si tratta dei corsi indicati nel decreto dello scorso 14 febbraio, che autorizza l’avvio del quinto ciclo dei percorsi di formazione per il conseguimento della specializzazione per le attività di sostegno didattico agli alunni con disabilità.
Diciamo subito che il numero dei posti disposizione, 19.585, distribuiti tra i vari atenei italiani autorizzati dal ministero dell’Istruzione all’attivazione dei percorsi, in realtà comprende anche qualche migliaio di idonei del ciclo precedente che per vari motivo non hanno svolto la formazione.
Il punto, però, è un altro: vale la pena decidere se prendere la specializzazione su sostegno? Diciamo subito che insegnare su sostegno non è facile. Non si tratta, infatti, di una “disciplina” curricolare. Quindi, prima di prendere la decisione di specializzarsi, è bene saperlo: occorre avere una predisposizione per il supporto ad alunni con bisogni “speciali”. E tutti non la posseggono.
Premesso questo, una volta appurata l’attitudine all’insegnamento su sostegno, è utile sapere che la specializzazione comporta diversi aspetti positivi: il primo, inevitabilmente, è quello dell’acquisizione di conoscenze e competenze che permettono di operare al meglio con gli alunni con limiti di apprendimento.
Per un docente precario, invece, avere l’attestato di specializzazione, acquisito nelle Università a proprie spese (in media oltre 3 mila euro a corsista), comporta molte più possibilità di conseguire le supplenze.
Inoltre, il titolo permette di accedere al concorso specifico per il sostegno, riservato proprio agli specializzati, che se superato porta all’immissione in ruolo: una procedura che, molto spesso, abbatte i tempi di stabilizzazione, i quali sarebbero molto più lunghi nell’insegnare una o più discipline curricolari.
Ma la specializzazione su sostegno potrebbe tornare utile anche al personale di ruolo: nello specifico, coloro che si ritrovano, loro malgrado, in posizione di soprannumerarietà (a seguito della pubblicazione delle graduatorie interne, incrociate con gli organici previsti per l’anno scolastico successivo).
Nei casi in cui i docenti perdenti posti, siano destinati al trasferimento coatto, da parte dell’amministrazione, in istituzioni scolastiche lontane (circostanza frequente nelle province o per discipline meno comuni, quindi nella scuola secondari, soprattutto di tipologia tecnica), chiedere l’utilizzazione su sostegno costituisce la possibilità concreta di non spostarsi su sede lontana.
E questo avviene per via dell’alto numero di cattedre di sostegno prive di docente titolare, le quali vanno assegnate con priorità proprio ai docenti specializzati.
A tal proposito, qualche giorno fa l’Istat, nel report annuale “Inclusione scolastica degli alunni con disabilità“, ha detto che mancano all’appello ancora molti docenti specializzati di sostegno: ben il 36% dei docenti di sostegno continua infatti ad essere selezionato dalle liste curricolari; sono docenti che rispondono ad una domanda di sostegno non soddisfatta, ma non hanno una formazione specifica per supportare al meglio l’alunno con disabilità.
La mancata specializzazione dei docenti, ha detto sempre l’Istat, è più frequente nelle regioni del Nord, dove la quota di insegnanti curricolari che svolge attività di sostegno sale al 47%, e si riduce nel Mezzogiorno attestandosi al 21%.
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