E’ uscito il DM n. 694 per il TFA Sostegno 2022/23.
Leggo l’Allegato A, la tabella dei posti disponibili per Regione. In base a questa tabella i posti disposizione per il ciclo 2022/23 sono in totale 29.061, un bel gran numero.
Una cosa mi balza subito all’occhio: il numero dei posti per le regioni più appetitive in termini di possibilità lavorative sembra più piccolo rispetto quelle della mia regione (del Sud), la Calabria. Controllo anche i posti delle altre regioni del Nord ed effettivamente vedo cifre troppo diverse, così decido di fare i conti, numeri alla mano. Considero del Nord Emilia Romagna, Lombardia, Toscana, Piemonte e Veneto, del Sud invece Sicilia, Calabria, Puglia e Campania.
Delle regioni considerate su 29.061 posti 13.724 vanno al Sud mentre solo 4.365 vanno al Nord.
La maggior parte dei posti poi sono riservati alla secondaria di secondo grado e francamente, almeno per la mia provincia che conosco, visto che da tre cicli non c’è un solo posto che sulla secondaria di secondo grado va a ruolo, mi domando: ma perché specializzare tutte queste persone se poi non ci sono posti? O forse i calcoli per il Sud si fanno in relazione alla capacità occupazionale del Nord, tanto si sa che poi i poveri disperati del Sud lì vanno a finire se non vogliono restare, specializzati e pluri qualificati, con la bocca asciutta nella propria regione. La beffa infatti è che, come ogni anno, qualche specializzato in prima fascia resta pure senza supplenza (parlo sempre di Catanzaro naturalmente, anche se non escludo che la situazione non sia diversa in altre province, del Sud naturalmente).
Che fine faranno queste orde di specializzati sul sostegno? Saranno tutti assorbiti (al Nord)? E quando (al Sud)? Io sono una di quelle che, non solo sono stata assorbita (indovinate dove?) ma ho anche superato il concorso (al Nord ovviamente perché in Calabria c’erano zero posti) nella mia materia di studio ed ho rifiutato il ruolo in quest’ultima in favore del sostegno didattico perché, da sette anni lontana dalla famiglia e disperatissima, ho accettato i consigli (in primis dell’USR) di scegliere il ruolo sul sostegno se volevo avvicinarmi alla mia famiglia. Bene, oggi realizzo che per rientrare a casa mia sul sostegno didattico (perché sulla materia non ne parliamo proprio) ho bisogno di almeno 135 punti, cioè altri 15 anni di lavoro lontana dai miei affetti. Idem l’assegnazione provvisoria che non tiene conto degli anni di servizio bensì della numerosità della famiglia. Insomma, lo Stato ci sta dicendo chiaramente (a noi del Sud) che ci erudirà bene e tutti, ma proprio tutti, ma se vogliamo avere la stabilità lavorativa dobbiamo emigrare e dobbiamo soprattutto dimenticare e sacrificare (se non spaccare) le nostre famiglie.
Una mia collega mi disse un giorno “ho conosciuto tante ragazze del Sud che come pazze vanno su e giù. Una aveva tre figli. Un’altra i genitori soli e anziani. E facevano questa vita. Voi siete pazze”. No, noi non siamo pazze, siamo solo umiliate.
Dateci i posti che ci spettano ma dateceli a casa nostra. Anche noi abbiamo diritto di stare con le nostre famiglie, con i nostri mariti, con i nostri figli, con i nostri genitori anziani. Non ci illudete con dei numeri ingannevoli e se i posti ci sono al Sud, così come ci prospettate, dateceli come è nostro diritto. Perché il lavoro è un dovere ma è anche un diritto. L’art. 4 della nostra bellissima Costituzione dice “La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro (…). Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un’attività (…) che concorra al progresso materiale o spirituale della società” e come possiamo contribuire al progresso della società se lo Stato ci prende in giro e ci rende persone monche della dignità umana di essere madri, mogli, figlie?
Lettera firmata
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