Sono un docente che per tre anni consecutivi ha lavorato sul sostegno in un istituto professionale della provincia di Napoli.
Ricordo che, nel momento in cui vidi nella mia casella e-mail la prima convocazione per questo posto, senza essermi mai specializzato e senza aver mai pensato di poter essere un bravo insegnante di sostegno, fui pervaso dal timore e dalla perplessità, chiedendomi se fossi mai stato adatto ad aiutare gli alunni con disabilità.
Ma poi, quando firmai il contratto ed iniziai a lavorare, minuto per minuto mi sentivo sempre più appagato e felice per ciò che stavo facendo. Sentivo che stavo crescendo insieme ai miei piccoli allievi, perché tanto comprendevo e tanto apprendevo grazie a loro. In questi tre anni sono stati tanti i momenti di felicità che mi hanno regalato, così come in tante occasioni ho sofferto insieme a loro.
Quante volte ho combattuto contro la loro rassegnazione per strappargli un istante in più di studio e una goccia in più di fiducia in se stessi, e quante volte ho gioito con loro per una verifica andata a gonfie vele. Dopo poche settimane dal mio primo incarico, ho sentito dentro di me il desiderio di diventare un insegnante di sostegno per professione.
In queste ore sto assistendo a sconcertanti discussioni piene di offese e di odio da parte di aspiranti colleghi, che mai mi sarei aspettato da chi vorrebbe lavorare per l’inclusione. Persone che probabilmente non hanno mai lavorato nemmeno una singola ora in una classe, tantomeno accanto ai nostri delicati studenti BES che resterebbero inorriditi, disgustati e traumatizzati da tanta arroganza e tanta violenza. Mi domando se queste persone siano davvero adatte a svolgere servizio in una scuola, e tanto più su posto di sostegno per il quale si accingono a partecipare al prossimo TFA.
D’altronde, basta solo accingersi a leggere qualche post o qualche commento nei gruppi social di docenti che inevitabilmente si ritrovano offese, polemiche, battibecchi, solo perché ognuno “tira l’acqua al suo mulino” dichiarando che solo chi possiede i suoi stessi requisiti è il “prescelto”, il “migliore”, il più adatto ad essere un professore con la P Maiuscola, e chi invece ha attraversato un percorso differente è un essere munito solo di fortuna o raccomandazioni. Ci facciamo la guerra tra di noi senza riconoscere che ogni docente ha un suo merito, una sua esperienza, delle sue virtù.
Se c’è chi ottiene un riconoscimento grazie agli anni di servizio maturati, mi sembra più che giusto, e non sto qui a sostenere questa tesi solo perché mi ritrovo ad avere tre anni di servizio ormai completi, ma perché sono concretamente consapevole che in tre anni ci si forma davvero sul campo, e non mi sembra tanto paradossale che si possa avere sviluppato qualche competenza aggiuntiva rispetto a chi non è mai entrato in classe.
Ricordiamo poi, che la maggior parte dei docenti che hanno maturato i 3 anni, sono già abilitati su materia. Hanno già affrontato percorsi selettivi e duri sicuramente più impegnativi dei semplici corsi per l’ottenimento di 24 cfu tanto di moda oggi. Hanno partecipato a diversi concorsi per i quali sono in attesa perenne di impietosi e lenti scorrimenti. Sono poi in costante aggiornamento, perché questo aspetto della professione richiede effettivamente delle conoscenze specifiche.
Conoscenze che sono state acquisite durante l’esercizio di questa delicata professione attraverso i percorsi abilitanti degli anni passati, ma soprattutto in virtù dell’autoformazione che, come ben sappiamo tutti, è uno dei nuclei fondanti della professione docente.
Quindi, il poter saltare una preselezione a quiz (che, per come è strutturata ed espletata, mette a dura prova più che le conoscenze del singolo la sua fortuna) è da ritenersi addirittura insufficiente. Queste situazioni peraltro, che si propongono da anni nel mondo della scuola italiana, sono un illegittimo atto dovuto ad uno stato di necessità in quanto il numero di docenti specializzati è totalmente inadeguato a fronteggiare l’esigenza di fatto all’interno delle scuole.
Di conseguenza, sarebbe auspicabile che in sede attuativa, sia garantito l’accesso a questo percorso di formazione a tutti i docenti abilitati su materia che hanno la volontà di farlo! Parlo di volontà, perché è giusto ribadire alle nuove aspiranti reclute che essere Docenti di Sostegno richiede un IMPEGNO e delle predisposizioni caratteriali diverse e più delicate rispetto ai Docenti Curricolari.
Molti colleghi hanno rinunciato per scelta e per responsabilità, nel momento in cui hanno constatato l’incompatibilità delle loro caratteristiche personali con l’esercizio del sostegno alle attività didattiche. Ciò dovrebbe far riflettere tutti coloro che oggi si lamentano, se veramente hanno intenzione di avventurarsi in questo mondo senza nemmeno sapere di cosa si sta trattando. Un mondo che va molto al di là di pure conoscenze teoriche e puntuali e che può ferirti profondamente nell’anima se non si è in possesso della giusta sensibilità e intelligenza emotiva che tanto stanno studiando.
Purtroppo, non possiamo firmare questa lettera, perché raccoglie le esperienze di tanti colleghi e non solo di un singolo docente, esprimendo quindi un pensiero collettivo da parte di coloro che in questo momento, con un clima così teso e pieno di ostilità, si sentono offesi nel profondo perché “accusati” di aver svolto servizio su sostegno senza titolo.
Lettera firmata
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