Le prove relative al TFA Sostegno IV ciclo sono state travolte da uno tsunami di polemiche, ricorsi e denunce sino all’annullamento di alcune a causa di presunte irregolarità. Addirittura “Il Mattino” ha precisato che “C’è chi avrebbe pagato fino a 15 mila euro per conoscere in anticipo le tracce della prova scritta e di quella orale per l’accesso al Tirocinio formativo attivo (TFA) per l’insegnamento di sostegno”. Questo ci dimostra quanto affidare a compagnie private esterne agli atenei e agli USR la somministrazione e la valutazione delle prove preselettive, sia pericoloso e incline alla corruzione. Inoltre non è accettabile dal punto di vista docimologico che le prove siano diverse a seconda dell’ateneo, ma queste dovrebbero essere uguali in tutta Italia come dovrebbe anche esserlo la soglia di superamento sia per le preselettive che per le prove scritte. Tale soglia, per le prove preselettive, dovrebbe essere quella della sufficienza e non una soglia arbitraria decisa sulla base del punteggio dell’ultimo candidato che rientra nel numero di posti messi a disposizione. Non può essere il criterio geografico a decidere chi avrà più accessibilità e chi meno. Non può il Ministero lasciare alla libertà di rettori e società private appaltatrici la scelta delle domande delle preselettive e delle soglie delle prove.
I bandi del TFA Sostegno sono stati concepiti sin dal primo ciclo in modo da non dare il giusto valore al servizio dei precari storici che da 3, 8 ed anche 15 anni lavorano su posto di sostegno. Infatti, nel V ciclo, il requisito dei tre anni di servizio su posto di sostegno non è considerato sufficiente per accedere alla prova preselettiva. In pratica, per esempio, un diplomato con 24 cfu ma senza neanche un giorno di servizio può partecipare alla prova, mentre un laureato con 10 anni di servizio sul sostegno non è ammesso. Ci sembra una stortura impossibile da accettare ed uno schiaffo alla professionalità e alla dedizione con la quale i precari su posto di sostegno hanno sempre garantito l’inclusione. La conseguenza pratica di questo, sarà la graduale sostituzione dei precari storici del sostegno che non abbiano pagato l’obolo dei 500 euro per i 24 cfu a qualche università telematica. Non dimentichiamo che in passato bastava un anno sul sostegno per poter accedere alla specializzazione senza alcuna selezione. Evidentemente a quei tempi non era stato ancora scoperto il grande business delle specializzazioni su sostegno che oggi fruttano agli atenei fior di quattrini!
Infatti a riconferma dell’iniquità di base del “Sistema TFA Sostegno” ci sono anche i suoi costi. Sia per l’iscrizione alle ormai famigerate prove preselettive che per i più “fortunati” che accedono alla formazione le cifre sono da capogiro! Parliamo di minimo 100 euro per ogni prova preselettiva e di un costo complessivo di 3000-4000 euro per partecipante. Roba da ricchi! Cifre che difficilmente possono trovare spazio nel bilancio di una famiglia, per di più con la crisi economica che incombe sul Paese a causa della pandemia. Per il IV ciclo si è stimato che gli atenei abbiano complessivamente incassato 20 milioni di euro per le sole prove preselettive e una cifra di oltre 60 milioni di euro per i corsi. Ecco perché lo definiamo il “Grande business del TFA sostegno”.
Spesso si sente parlare di merito in ambito scolastico, ma non se ne intravede nemmeno l’ombra nei fatti. Sono già state avviate le iscrizioni per il TFA Sostegno V ciclo, ma ci sono grandi perplessità relative alle modalità di assegnazione dei posti per regione. I posti assegnati alle Università sono complessivamente 19.585. Ma come sono stati ripartiti? E’ sufficiente osservare il grafico a torta per notare che in vetta alla “classifica” spicca la Sicilia, alla quale sono stati assegnati ben 4.675 posti, ovvero ben il 23,87% del totale. Seguono il Lazio, con 3.250 posti che incidono per il 16,58%, poi la Puglia con 1.990 posti (10,16%). Mentre la Campania ha 1.460 posti (7,44%), e la Calabria guadagna la quinta posizione con 1.320 posti ed il 6,74%. E le altre regioni d’Italia? Si sono scatenate nei mesi scorsi le legittime proteste della Regione Lombardia che dovrebbe consolarsi con soli 1.090 posti, appena il 5,56% di quelli totali, nonostante si tratti della regione più popolosa d’Italia (10.060.574 abitanti, fonte ISTAT, 2019), ma soprattutto di una delle regioni con la maggiore richiesta di insegnanti specializzati sul sostegno (20.367 le cattedre vacanti, 2019/20). Anche la Regione Piemonte ha manifestato il proprio legittimo disappunto vedendosi assegnare solamente 205 posti che rappresentano appena l’1,05% del totale, nonostante anche in questa regione il numero di posti vacanti sul sostegno sia altissimo.
Per usare un termine calcistico possiamo parlare di “zona retrocessione” proprio per le regioni con maggiore necessità. Pertanto la distribuzione sul territorio dei posti di specializzazione non è proporzionale alle esigenze di ciascun territorio ma viene affidata alla disponibilità degli atenei, con un’incredibile preponderanza degli atenei siciliani che ogni anno assorbono ben un quarto dei posti TFA Sostegno, mentre la maggior parte delle cattedre vacanti si trova in Lombardia e Piemonte. Ci chiediamo perché i posti siano concentrati ogni anno in pochissime regioni del Sud mentre l’emergenza sostegno riguarda tutta l’Italia.
Da sottolineare anche la situazione della Sardegna che purtroppo, negli ultimi anni, ha visto raddoppiare il numero degli alunni diversamente abili e dovrà “arrangiarsi” con 390 posti, ovvero un misero 1,98% del totale a disposizione. Per comprendere meglio il dato Sardo occorre considerare che i docenti precari occupati sul sostegno da anni, spesso sul medesimo posto in deroga, sono circa 3.000, quindi la disponibilità di TFA corrisponde a circa il 10% del fabbisogno che è purtroppo in continua crescita da ormai 5 anni. A questo proposito ricordiamo l’increscioso episodio accaduto presso una scuola superiore del Nord Sardegna, nella quale la madre di una studentessa con disabilità è stata costretta a ritirare la ragazza dalla scuola, in quanto lasciata sola in classe a guardare i compagni mentre facevano lezione perché priva dell’insegnante di sostegno. Sconcertanti episodi come questo sono purtroppo frequenti in tutte le scuole del Paese.
Altra questione è anche il fenomeno improprio dello spostamento di migliaia di docenti dalle regioni del Sud al Nord. Ad esempio regioni come la Sicilia sforneranno migliaia di specializzati che non potendo accedere al ruolo nella propria regione per via della cronica permanenza dei posti in organico di fatto saranno costretti ad emigrare verso le regioni del Nord per poter avere un domani il ruolo. Peccato che le suddette regioni non avranno invece la possibiltà di formare gli insegnanti specializzati di cui hanno bisogno direttamente sul proprio territorio. Non capiamo perché il Governo continui ad inventare sistemi per spaccare le famiglie degli insegnanti e costringere i docenti ad una continua emigrazione invece di sfruttare e valorizzare le risorse che già sono presenti nel pool di precari del territorio stesso.
Il TFA Sostegno inoltre non garantisce la continuità didattica. Cambiare insegnante di sostegno ogni anno ha effetti estremamente negativi sullo sviluppo delle potenzialità e dell’autonomia degli alunni diversamente abili. Il Ministero dell’Istruzione deve prendere atto della totale inadeguatezza del TFA Sostegno a garantire la disponibilità e la continuità degli insegnanti di sostegno laddove servono alla scuola e non alle casse degli atenei, e deve adottare un sistema di formazione e reclutamento tarato sulle esigenze reali della scuola. Il TFA Sostegno va quindi abolito. Il Coordinamento Nazionale Precari Scuola propone un anno formativo transitorio per tutti i docenti precari che abbiano almeno 3 anni di servizio sul sostegno. Tale percorso formativo transitorio permetterebbe l’immissione in ruolo degli insegnanti di sostegno necessari alle scuole. Questo garantirebbe sia la continuità didattica che il miglioramento del servizio tramite la formazione in itinere. Inoltre un percorso transitorio formativo riservato a chi per anni si è assunto la responsabilità dell’inclusione valorizzerebbe l’esperienza ed il servizio reso alle scuole, riparando al grave danno fatto dalla Legge 159/2019. Infatti tale legge non assegna valore al servizio sul sostegno ed esclude i precari con servizio esclusivo sul sostegno dalla partecipazione ai concorsi, discriminando e svilendo una intera categoria di lavoratori precari.
Inoltre, riteniamo inaccettabile la possibilità di immettere in ruolo specializzati e specializzandi TFA sostegno senza neanche un singolo giorno di servizio. I precari non specializzati in questo modo sarebbero condannati a rimanere precari per sempre senza mai avere alcuna possibilità di accedere al ruolo. Altro discorso ovviamente si faccia per la giusta stabilizzazione dei precari con servizio pluriennale che sono anche in possesso del titolo di specializzazione.
In questo momento le famiglie italiane sono in ginocchio per la crisi economica provocata dalla pandemia, le misure di distanziamento sociale impediscono lo svolgimento di prove e corsi, e sarebbe imprudente far spostare migliaia di persone in giro per l’Italia per le prove del TFA a maggio. Tuttavia il nuovo anno scolastico è alle porte, con la sua richiesta di insegnanti di sostegno. Invece di estromettere dal sistema delle specializzazioni docenti con pluriennale esperienza sul sostegno si dovrebbe facilitare la loro specializzazione e inserimento negli organici in modo da garantire continuità e inclusione già a settembre nelle scuole sconvolte dalla pandemia.
Concludendo lo strumento del TFA Sostegno è totalmente inadeguato a rispondere alle esigenze della scuola e delle famiglie rispetto all’inclusione. Il numero di posti annualmente messi a bando copre una piccola percentuale della richiesta di docenti specializzati. Ben oltre 70.000 cattedre su posto di sostegno sono affidate ogni anno a supplenti di terza fascia, ma le cattedre vacanti sul sostegno superano le 150mila unità. Ecco che i 19.585 posti di TFA Sostegno V ciclo si dimostrano una goccia nel mare dell’emergenza inclusione. Il Ministero ha l’obbligo di dare risposte al sistema scolastico fornendo un numero adeguato di insegnanti specializzati al più presto.
Non è accettabile che il Ministro dell’Istruzione si lavi le mani da questa responsabilità permettendo che siano gli atenei a decidere quanti insegnanti e su quali territori questi debbano essere formati senza alcun riguardo per le reali esigenze del sistema scolastico.
Coordinamento Nazionale Precari Scuola