Una storia che fa pensare al caso della “bidella pendolare”, la collaboratrice scolastica che ha dichiarato di far la pendolare, ogni giorno, da Napoli Milano, in quanto non può permettersi di pagare una casa in affitto nel capoluogo lombardo.
Stavolta, però, è diverso: non si tratta di un problema legato al caro affitti e la protagonista della vicenda non fa la pendolare quotidianamente. Quest’ultima, della stessa età della “bidella”, 29 anni, di Torino, ha frequentato per un anno il corso di specializzazione sostegno a Enna, in Sicilia. Lo riporta La Repubblica.
“La mia vita per un anno è stata divisa tra Torino ed Enna. Così per la mia famiglia. Da novembre in settimana ho lavorato in una scuola torinese, poi nel weekend dritta in Sicilia per il corso di specializzazione per il sostegno e rientravo la domenica. Ho fatto meno assenze dei miei colleghi siciliani ma è stata un’odissea. Questo perché i posti a Torino per specializzarsi sono risicati. Ho provato due volte, il primo anno erano 80, il secondo 200. In Sicilia invece sono entrata subito, erano seicento”, ha detto.
Ecco le sue motivazioni dietro alla scelta di fare la docente di sostegno: “Ho dovuto fare tanti sacrifici e fa rabbia sapere di rischiare comunque una vita da precaria. Sul sostegno ci sono tanti posti vacanti ma il governo non investe nelle assunzioni e restiamo nel limbo. Ho scelto di diventare docente di sostegno perché a scuola mi sono trovata in diverse situazioni complicate e ho capito che serve una preparazione più specifica, ben oltre le materie. Così ho tentato, ed è andata bene perché sono entrata al corso”.
“Non avevo altra scelta. Forse oggi con i numeri messi a bando dall’università di Torino ce l’avrei fatta ma cinquecento sono ancora pochi per le esigenze del territorio, considerando che un posto su tre è riservato a chi ha già un’esperienza triennale sul sostegno. Infatti tanti come me continuano ancora a provare altrove. Quando sono entrata a Enna però ho capito che era impossibile cambiare ogni weekend un b&b. Con mio marito abbiamo lasciato la casa in affitto a Torino e ne abbiamo presa una a Enna per cinquecento euro al mese. Lui, facendo smartworking, si è stabilito lì”, questa la sua situazione.
Ecco la sua routine: “I corsi si tenevano il venerdì e il sabato, così ho chiesto di ridurmi le ore lavorative a scuola da 18 a 12 e ogni giovedì salivo sull’aereo per Catania, da lì in navetta fino a Enna, un tragitto di un’ora e venti minuti. Nell’ultimo periodo sono cambiati i voli quindi arrivavo per le 23 da mio marito. Di nuovo il lunedì ero in servizio a Torino, in quei giorni dormivo da mia madre”.
“Praticamente non potevo fare assenze. Il corso ne consentiva il 25% per ogni insegnamento. Gli insegnamenti erano diversi e duravano trenta ore ma compattate in pochi giorni. Così ogni sabato avevamo in calendario dieci ore di una singola disciplina, perderle voleva dire superare la soglia consentita. Mi sono assentata solo all’ultima lezione perché mi hanno cancellato il volo e non c’erano alternative ma sono riuscita a recuperare con dei laboratori. Tante altre volte ho dovuto lottare con ritardi, voli cancellati per maltempo, scioperi e prezzi esorbitanti. Prenotando in anticipo pagavo 90 euro andata e ritorno ma nel periodi festivi anche 210 euro per volo”, ha aggiunto.
“Dovrò aspettare. Sono nella graduatoria provinciale per le supplenze, nella prima fascia aggiuntiva. I posti in ruolo per le superiori sono solo 133 e potrei rischiare di essere superata da chi non ha ancora maturato esperienza lavorativa a scuola. Temo che l’odissea non sia terminata”, ha concluso, spiegando cosa la attende in futuro.
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