Come si sa il TFR o TFS è una somma di denaro che matura e si costituisce da una porzione di stipendio di qualsivoglia lavoratore dipendente che mensilmente viene prelevata durante gli anni di occupazione.
La consistenza del TFR (acronimo di Trattamento di fine rapporto), dipende ovviamente dall’anzianità di servizio e viene erogato generalmente alla fine del rapporto di lavoro.
Scrivo generalmente perché la possibilità di accedere almeno ad una parte di questa somma anticipatamente, vale a dire prima della cessazione del servizio, esiste ed è giustamente data ai lavoratori dipendenti, in base alle proprie esigenze personali o familiari e ai propri obiettivi finanziari.
Peccato che questa possibilità sia data solo ai lavoratori dipendenti del settore privato.
I lavoratori dipendenti pubblici, quindi anche i docenti, devono aspettare di andare in pensione, per entrare in possesso del proprio denaro e con tempi di attesa che vanno da un minimo di 2 anni ad un massimo di 5. Nel frattempo, se avessero emergenze o esigenze, possono sempre fruire di prestiti bancari a tasso poco agevolato!
E, novità del momento, da aprile 2024 nemmeno questo è più concesso.
Ora, una recente sentenza del T.A.R. (3 novembre 2023 n.16305) ha bollato come incostituzionali gli orari di reperibilità per le visite fiscali stabilite dal D.M. n 206 del 17/10/2017, che per il pubblico erano quasi doppie rispetto al privato (7 ore a fronte di 4).
Si sottolinea che in quel D.M. non era stato rispettato il principio di uguaglianza dei cittadini, come indicato dall’art. 3 della Costituzione. Adesso, a seguito di questa sentenza, da gennaio 2024, gli orari di reperibilità per le visite fiscali dei lavoratori pubblici sono stati allineati con quelli dei lavoratori privati.
A questo punto, mi pare di capire che, a seguito di azioni legali, sia possibile modificare leggi ingiuste, che di fatto ledono la dignità e la serenità dei lavoratori del settore pubblico e nel caso del TFR, negando loro la libertà di fruire del loro stesso denaro.
Io credo che non ci sia ragione al mondo che possa giustificare quanto descritto e che occorra reclamare presso i sindacati e la politica, per intraprendere azioni idonee volte a risolvere questa discriminazione tra i lavoratori.
Purtroppo, si sa che, per far muovere sindacati e governo, nelle contrattazioni inerenti, bisogna protestare molto e in tanti!
Angelo Arrabito