Un gruppo Whatsapp chiamato “The Shoah party” attivo sul noto servizio di messaggistica dove venivano diffuse in tutta Italia immagini pedopornografiche, di apologia del nazismo e dell’islamismo.
I contenuti di inaudita violenza venivano condivisi dai creatori del gruppo ed arrivavano direttamente negli smartphone di ragazzini minorenni dai 13 ai 17 anni, rimasti invischiati nella vicenda più o meno inconsapevolmente, vittime del lato oscuro dei social networks.
La denuncia che ha fatto partire l’indagine è arrivata proprio da Siena. A scoprire il campionario dell’orrore è la mamma di un ragazzino. Scorre le foto sulla chat e non esita a rivolgersi alla dirigente scolastica e poi ai carabinieri. Dopo la denuncia, tanti studenti confessano di essersi cancellati dalla «The Shoah Party» per la ferocia di quei commenti.
Le indagini sono durate 5 mesi, al termine delle quali si è poi risaliti agli amministratori del gruppo, quelli che lo hanno creato e alimentato, minorenni e maggiorenni, tutti residenti nella zona di Rivoli, le immagini e i video postati sono stati attribuiti singolarmente alla responsabilità di qualcuno, e alla fine ne è venuta fuori una ben documentata informativa di reato che è finita sul tavolo dei magistrati operanti.
Sono stati così emessi 25 decreti di perquisizione a carico degli indagati, 19 a carico di minorenni e 6 a carico di maggiorenni, eseguiti nella nottata di ieri in 13 provincie d’Italia. Sui sei 13enni coinvolti non era possibile procedere, essendo non imputabili per la legge italiana. Era insomma necessario bloccare la diffusione progressiva dei partecipanti al gruppo.
Nel corso delle perquisizioni sono stati sequestrati decine di telefonini e computer. Verranno affidati ad un consulente tecnico d’ufficio che ne farà delle copie forensi, riproduzioni attendibili dei contenuti spesso indescrivibili delle chat, necessarie per la promozione delle accuse in giudizio.
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