Il 29 luglio di 40 anni fa, Tina Anselmi, già partigiana e iscritta alla Dc, veniva nominata ministra: ed era la primo ministra donna della storia della Repubblica.
Di Castelfranco Veneto, ricevette da Giulio Andreotti, presidente del Consiglio dei Ministri, la delega al Lavoro ed alla previdenza sociale ed oggi, 89 enne, ha ricevuto l’omaggio della sua città in un convegno organizzato dalle donne della Cisl del Veneto, e al quale ha presenziato, fra gli altri, la sorella Maria. Tina Anselmi, figlia di antifascisti, da ragazza entrò nella Resistenza operando da staffetta partigiana con il nome di “Gabriella” e si iscrisse alla Democrazia Cristiana nel 1944.
Da sindacalista, prima con la Cgil e successivamente, dal 1950, con la Cisl, si è occupata dei lavoratori del tessile e della scuola, e nel 1959 entrò nel consiglio nazionale della Dc, di cui è stata deputata dal 1968 al 1992.
Fra gli incarichi più in rilievo della sua carriera è stato ricordato oggi in particolare la presidenza della commissione d’inchiesta parlamentare sulla loggia P2, dal 1981 al 1985 “per la sua statura morale – ha evidenziato l’ex sindaco di Castelfranco, Maria Gomierato – che ne faceva la figura istituzionale di maggiore garanzia, negli anni dell’omicidio di Aldo Moro e delle molte strategie destabilizzanti che mettevano a rischio la democrazia”.
A Tina Anselmi, nell’occasione del 40/o anniversario della nomina a ministro, è stato dedicato un annullo filatelico.
Fra gli intervenuti oggi anche la coordinatrice nazionale delle donne della Cisl, Maria Trentin, la quale ha ricordato i primi impegni di Anselmi quando andava ad incontrare le “filandere con le mani lessate” dall’acqua per la lavorazione dei bachi da seta o i momenti in cui, da attivista Dc, esortava i colleghi di partito a valutare attentamente anche le idee di Palmiro Togliatti, segretario del Pci, “anche se non la pensava come noi”. “Nessuna vittoria è irreversibile – ha aggiunto Trentin, citando Anselmi – e c’è sempre il rischio di perdere le libertà conquistate. Dovremo fare uno sforzo in più per ricordare il passato non per nostalgia ma per l’esistenza ancora molti diritti rispetto alle questioni di genere – ha concluso – che sono diritti scritti ma non ancora esigibili”.