Negli ultimi anni si assiste ad un peggioramento delle condizioni di lavoro dei docenti, e non parlo di stare in classe in cattedra con gli allievi. La politica di ricondurre le cattedre tutte a diciotto, ventiquattro e venticinque ore frontali a secondo dell’ordine di scuola, ha creato le condizioni negative di veder completata la cattedra (questo fenomeno riguarda soprattutto le scuole di secondo grado) in altre scuole della provincia, tecnicamente si chiamano cattedre orarie esterne (COE), cioè insegnare in altre due, tre scuole dello stesso comune o di altro comune (la regola dice max due comuni e tre scuole, non importa quanto vicino: genericamente di facile raggiungibilità) per completare le ore di lezione settimanali. Questo potrebbe essere accettabile se la COE restasse la stessa nel tempo, ma non è così. È diventata una roulette russa, ogni anno si cambia scuola e ore, tutto è lasciato al meccanismo ideato da qualche informatico che tiene conto del numero 18 (al di sotto non si deve scendere), meccanismo senza anima, sentimenti, impersonale come se dietro a quel numero non c’è una persona, un professionista, ma un oggetto da spostare, da comandare, quest’anno vai là, il prossimo chissà dove. Senza alcun diritto, con aggravi di spese per gli spostamenti, con la complicazione di avere a che fare con più Dirigenti scolastici Sic!! Sic!!, con orario di lavoro che si dilata a dismisura per gli spostamenti (ore buche per il raggiungimento dell’altra scuola). A tutto questo nessuno ci ha pensato nelle alte sfere, nella stanza dei bottoni, quella dei funzionari con stipendi da 100.000 euro in su all’anno (cioè con uno di questi stipendi si pagano 4 insegnanti, questo il rapporto). Mi telefonano colleghi e mi dicono: a 65 anni o perso il posto nella mia scuola e sono costretto ad andare a lavorare in una scuola distante 50 chilometri da casa mia, non ho una macchina nuova, non ci sono i collegamenti con i servizi pubblici, ho un genitore anziano che ha bisogno di essere assistito, avevo iniziato un progetto didattico con i miei allievi, tutti argomenti che non interessano a nessuno, privi di valore.
Con la Legge 107 le cose si sono ulteriormente aggravate al punto che docenti con molti anni di servizio in una scuola si sono visti assegnare ad altri istituti distanti, e nella scuola invece sono arrivati docenti neoimmessi in ruolo. Ulteriore ingiustizia, portata a conoscenza dei funzionari ministeriali ma senza essere ascoltati.
Chiedo agli impiegati dell’ATP quali sono i criteri di costituzione dell’organico di diritto di una scuola. Si parte dal numero degli allievi iscritti nelle scuole, per ogni scuola si costituiscono le classi, dalle classi si sviluppa un organico per disciplina, ma mentre prima si costituiva l’organico con cattedre istituzionali a 12, 14, 15, 16, 18 ore e si completavo con le ore a disposizione, ora si divide il monte ore della disciplina per 18 e si ha il numero di cattedre e le eventuali ore residue, dopo di che un software informatico, partendo dalla prima scuola in modo random, impersonale e tenendo conto del n° 18 (IL DIO DICIOTTO) costituisce le cattedre, non importa se al docente X, che aveva una cattedra intera nell’istituto, le viene spezzata e costituita come COE con un altro istituto. In questi anni si sono moltiplicate enormemente le COE con completamento in altre scuole per 2, 3, 4, 5, 6 ore e quindi i disagi per i docenti. Importane è rispettare il numero di cattedre assegnate ad ogni provincia.
Poi c’è il tema ancor più drammatico delle assegnazioni provvisorie da fuori provincia (movimento annuale che consente ai docenti di rientrare in provincia di residenza del coniuge e dei figli ed avvicinarsi), causa le procedure farraginose, complicate con decreti e circolari emanate all’ultimo momento e che cambiano ogni anno, che non consentono agli uffici periferici già sottodimensionati per mancanza di personale che non viene sostituito man mano che viene collocato in quiescenza, di espletare tutte le procedure in tempo utile per consentire alle scuole di disporre di tutto il personale per iniziare regolarmente le attività didattiche, qui si innesca un meccanismo perverso micidiale che tiene sulle spine, sulla graticola i docenti in attesa di assegnazione, alcuni docenti ricevono la notizia dopo il primo di settembre, data in cui si deve prendere servizio nella scuola di titolarità, quindi si devono recare nel luogo della scuola con costi esagerati sia di trasporto che di pernottamento (provate a prendere un mezzo di trasporto all’improvviso per la Calabria, la Sicilia vedrete che salasso se trovate il posto e ad affittare un appartamento con tre mensilità di anticipo da corrispondere) e poi, all’improvviso, dopo che hai perso le speranze ed organizzato tutto per restare magari ti danno la sospirata assegnazione, quindi si lascia tutto e si ritorna a casa, anzi no, dopo qualche giorno ti comunicano che c’è stato un errore e revocano la nomina quindi si ritorna su, nel frattempo hai lasciato tutto ed allora rifai il biglietto il contratto di affitto, il tutto per un misero stipendio di 1300 euro al mese.
È chiaro che questi movimenti sono possibili nel limite dei posti costituiti in organico di fatto ed interessano decine di migliaia di insegnanti. Ogni anno è così. Anche qui una roulette russa con colpo in canna.
Si sollevano questi problemi nella speranza che qualche politico illuminato, privo di interessi di parte o di voglia di protagonismo decida finalmente di raddrizzare il timone verso una mare più tranquillo per il bene della scuola italiana.
Intanto si parla di continuità didattica. Quale? Che vuol dire? Cos’è?
Se la continuità didattica è stare nella stessa scuola, nella stessa classe, con gli stessi allievi per un corso di studi, allora siamo molto lontani da questo. Per raggiungere questo obiettivo si dovrebbe adottare un organico di istituto stabile nel tempo non legato al numero di allievi rivedibile dopo un certo periodo es. 5 anni dentro il quale a prescindere dal numero di allievi, l’istituzione scolastica, nel rispetto del PTOF offre una istruzione e formazione di qualità all’utenza.
Questo vogliono i docenti, non essere trattati come un numero impersonale, senza anima, ma come professionisti della cultura che hanno un ruolo nella società del futuro nel formare le menti che un giorno governeranno questo bellissimo paese: l’ITALIA.
Lamezia terme, settembre 2018
Antonino Tindiglia