Apprezzo l’opera meritoria di Lucio Ficara nel far emergere le storture nella gestione della scuola da parte di quei dirigenti scolastici che non hanno capito niente di cosa significa dirigere una scuola.
Io passo per essere contro i Dirigenti scolastici e chi lo sostiene non ha capito niente dello spirito con cui intervengo. Innanzi tutto, vorrei che chi mi critica documentasse almeno una azione portata avanti da me che non abbia avuto un riscontro positivo, o sia stata dichiarata illegittima, inappropriata, invadente. Questo perché io non intervengo “a prescindere” ma se ci sono i requisiti per poter sostenere un’azione a difesa del malcapitato o dei malcapitati se riguarda tutto un istituto. Spesso i colleghi mi vengono a riportare fatti con la presunzione di aver ragione ed io faccio capire loro che invece stanno sbagliando. Quindi un intervento meditato, ponderato, responsabile. Dopo anni di lavoro in prima linea sul fronte sindacale ma sempre con i piedi nella scuola, posso affermare che non è questo il metodo di selezionare i dirigenti scolastici; basta con i quiz e le crocette e con concorsi che come si legge dai giornali sempre a rischio di imbrogli e favoritismi.
Dirigere una struttura complessa come la scuola è complicato, difficile, ci vogliono doti e conoscenze che non tutti possono avere. Per un DS è ancora più complicato perché oltre alla conoscenza di materie per la gestione del personale, amministrative-contabili, relazionali, umane, legislative, occorre conoscere anche materie di natura didattiche, pedagogiche, psicologiche, antropologiche. Non si può avere tutto lo scibile in una figura sola. Nella gestione contabile amministrativa si possono avvalere del DSGA con cui spesso entrano in conflitto, per le altre operazioni possono creare uno staff di docenti che collaborano ed affidando loro dei compiti. Spesso questi soggetti non hanno alcuna competenza soltanto la disponibilità a collaborare ergendosi a “proprietari delle ferriere” anche loro, prevaricando il ruolo ed arrogandosi compiti che competono solo al DS.
Il rispetto della comunità scolastica intesa nella sua interezza, dirigenti, docenti, personale ata, allievi, genitori in un afflato comune, è la chiave di crescita di una comunità educante, nessuno escluso, e chi dirige deve saperlo fare, diventa il responsabile dell’andamento della struttura.
Assistiamo a dirigenti che si chiudono nella presidenza e ricevono per appuntamento solo dalle ore alle ore evitando qualsiasi contatto con gli altri protagonisti, che non conoscono il CCNL del personale e quindi quali sono i diritti ed i doveri, a questo contribuisce anche una normativa vaga che lascia spesso all’interpretazione l’applicazione della norma, cosi si negano permessi, ferie, si obbligano i docenti a partecipare a corsi di formazione ed a progetti, commissioni, attività che richiedono il loro assenso invece tutto passa come obbligo e ordine di servizio. Dirigenti che offendono usando frasi pesanti, o entrando nella classe durante la lezione e rimproverando il docente. Tutto questo denota una situazione di illegalità. La scuola diventa un luogo dove non si rispettano le norme, lo dimostra il fatto che su 100 ricorsi al Giudice del lavoro più del 90% vedono l’amministrazione soccombere.
Ultimamente in Italia si è puntato sulla dirigenza, ma questo va bene quando metti a dirigere una persona capace, formata adeguatamente, non improvvisata con un corsetto fantasma fatto a posteriori tanto per…
Intanto gli interventi che riqualificano la professione docente, didattici, disciplinari, economici non vengono attuati. Perché in Italia siamo abituati ormai alla faciloneria, niente più meritocrazia, basta selezione. Avanti con le promozioni facili con il successo formativo assicurato, con le competenze senza conoscenze; prima si diceva sapere, saper fare, saper essere, oggi basta venire a scuola anche a bivaccare, a fare la presenza che per la promozione ci pensa il DS di turno che forza i Consiglio di Classe a non bocciare “perché il cliente ha sempre ragione”.
Poi i professori universitari, i Saggi, vengono a dirci che gli allievi di oggi non sanno leggere, scrivere e non sanno interpretare un testo. Noi docenti lo sappiamo già ma non siamo ascoltati.
Una follia criminale sta distruggendo la società, l’Italia. Il passaggio da un eccesso all’altro, fa ignorare il giusto metro di intervento, per cui si passa da apertura totale ad un problema al suo opposto seguendo le mode del momento, alla ricerca del consenso.
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