Maurizio Tiriticco, su Eduscuola, analizza l’occasione perduta da parte del Governo Renzi di riformare un esame di stato ormai per certi versi privo delle sue effettive finalità.
L’attuale esame di Stato conclusivo del secondo ciclo di istruzione è stato istituito alla fine del secolo scorso con la legge 425 del 1997 e si proponeva come fine il rilascio di certificazioni “al fine di dare trasparenza alle competenze, conoscenze e capacità acquisite… tenendo conto delle esigenze di circolazione dei titoli di studio nell’ambito dell’Unione europea” (art. 6).
Fino a quell’anno tale esame era disciplinato dalla legge 119 del 1969 che aveva “come fine la valutazione globale della personalità del candidato” (art. 5) e prevedeva che venisse “formulato, per ciascun candidato, un motivato giudizio, sulla base delle risultanze tratte dall’esito dell’esame, dal curriculum degli studi e da ogni altro elemento posto a disposizione della commissione” (art. 8).
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Si trattava di una svolta non indifferente. Ci si proponeva di abbandonare un giudizio di maturità, in effetti sempre aleatorio e soggetto alla discrezione dei commissari, e di passare a un vero e proprio accertamento delle competenze acquisite dal candidato.
Inoltre, si abbandonava il sistema della valutazione decimale, anche questa sempre soggetta alla discrezione dei commissari, per introdurre il sistema dei punteggi, ancorato a prove che fossero oggettive.
La riforma riguardava il nostro Paese, ma era strettamente condizionata dalle vicende europee. Non va dimenticato che nel 1992 era stato approvato il Trattato di Maastricht con cui la Comunità economica europea, nata nel lontano 1957, diventava una vera e propria Unione politica, con ambizioni ben diverse da quelle che ci si era proposti negli anni Cinquanta. Se la Cee si proponeva compiti esclusivamente economici e si limitava alle politiche del lavoro, l’Ue si propose, invece, obiettivi molto più ambiziosi e, in materia di istruzione, si impegnò a realizzare una vera e propria “dimensione europea nell’educazione”, che avrebbe investito tutti i sistemi scolastici dei Paesi membri.
Furono anni di grandi speranze per la nuova Unione politica. Si giunse addirittura al varo di una Costituzione, sottoscritta solennemente in Roma il 29 ottobre del 2004. Però, dopo tante speranze ed attese, ebbe inizio un lento declino: la Costituzione non incontrò il favore di alcuni Paesi, per cui si ripiegò ad una soluzione molto meno impegnativa, a un semplice Trattato, di una valenza molto inferiore a quella data da una Costituzione, che venne sottoscritto a Lisbona il 13 dicembre del 2007,
Il declino che si ebbe nel campo politico ebbe serie ricadute anche nel campo dell’educazione e della scuola. Il “nuovo” esame di Stato, di fatto, procedette con molte incertezze, per quanto riguarda sia le prove che la certificazione delle competenze. Il Ministero dell’istruzione non riuscì a fornire indicazioni certe né sul concetto di competenza né sulle procedure da adottare per la certificazione Per cui si limitò a decretare con il dm 450/98 che le certificazioni attestano “la votazione complessiva assegnata, la somma dei punti attribuiti alle tre prove scritte, il voto assegnato al colloquio, l’eventuale punteggio aggiuntivo, il credito scolastico, i crediti formativi documentati” e che “i modelli delle certificazioni integrative del diploma hanno carattere sperimentale e si intendono adottati limitatamente agli anni scolastici 1998/99 e 1999/2000”.
Di fatto il Ministero si riprometteva di dare, nel giro di due anni, indicazioni precise sia in merito alle competenze che alle procedure per la loro certificazione. Però, i due anni sono diventati sedici e nulla è accaduto in merito. Per cui possiamo dire che attualmente non abbiamo né un esame di maturità né un esame centrato selle competenze.
Occorre ricordare che le Linee guida relative agli istituti tecnici e professionali descrivono chiaramente quali competenze siano proposte agli alunni alla fine del quinquennio, mentre molto sfumate e incerte, al proposito, sono le Indicazioni nazionali per i licei. E va anche ricordato che con la tornata di esami del 2015 vanno a regime sia le Linee guida che le Indicazioni nazionali, per cui, l’attuale Miur avrebbe dovuto dare indicazioni normative su come procedere per un esame che, finalmente, fosse effettivamente centrato sulla certificazione delle competenze.
Ma ciò non è avvenuto! Tutto tace! Abbiamo avuto solo esternazioni da parte del Ministro e dello stesso Presidente del Consiglio, ma su questioni di dettaglio e non mirate a rinnovare l’esame di Stato. Ciò che conta è la norma, e questa è assente. Non solo! Va sottolineato che ormai siano assolutamente fuori tempo debito. Con il Natale alle porte nessuna innovazione seria è possibile! Ma forse è chi ci dirige che non è affatto serio! Purtroppo!
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