Con il D.M. n. 331/2019 non ci possono essere più dubbi sulla possibilità di riscattare ai fini pensionistici i titoli di Accademie e Conservatori. Eppure ci vengono ancora segnalati casi nei quali si verificano episodi in cui le Amministrazioni competenti ignorano gli sviluppi normativi della questione, talvolta forse per semplice non conoscenza degli stessi e qualche rara volta persino per una errata (direi ostinatamente errata) interpretazione della legge. In ciascuno dei due casi chi ne paga le conseguenze è il docente che si vede costretto a spiegare e notificare di persona la normativa (e quasi sempre ciò basta) o inviare “diffide” o persino adire le vie legali.
E può anche capitare che ciò avvenga a ridosso delle domande di pensionamento (data la pessima abitudine di certe Amministrazioni di “lavorare” tali richieste solo in vista del pensionamento del lavoratore o quando questi fa richiesta di andare in quiescenza, seppure l’istanza di riscatto sia stata fatta magari… decenni prima!). In questi casi è facile intuire oltre al danno la beffa‼
Il decreto ministeriale n.331/2019 rappresenta l’ultimo “tassello” per fugare ogni possibile dubbio
Ecco perché riteniamo opportuno ricordare l’importanza del decreto ministeriale n. 331 del 10 aprile 2019, che rappresenta l’ultimo “tassello” che mancava per completare formalmente (perché già sentenze di Tribunali quasi sempre favorevoli ai docenti e soprattutto sentenze della Corte Costituzionale avrebbero dovuto essere più che “convincenti”) quanto previsto dalla Legge di stabilità per il 2013, in particolare dal comma 107 della Legge 228/2012 che dichiara i diplomi del vecchio ordinamento, purché congiunti al possesso di un diploma di scuola secondaria superiore, “equipollenti ai diplomi accademici di secondo livello secondo una tabella di corrispondenza determinata con decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca sulla base dei medesimi principi di cui ai commi 102 e 103, da emanarsi entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge”.
Ed è proprio la mancata emanazione del decreto Miur con la tabella di corrispondenza dei titoli del vecchio e del nuovo ordinamento Afam che ha “consentito” che qualcuno si “ostinasse” (ancor di più dopo il messaggio Inps 15662 del 2010, sul quale torneremo più avanti) a non concedere il riscatto dei periodi di studio dei percorsi Afam del previgente ordinamento, nonostante molte sentenze favorevoli ai docenti con titoli del vecchio ordinamento (V.O.) delle Accademie (e Conservatori, se unito a diploma di scuola secondaria di II grado). Ma le incertezze potevano persino essere lecite prima del decreto del Miur n. 331 del 10 aprile dello scorso anno (il link che rimanda al suddetto decreto e alla relativa tabella, non semplicissimi da rinvenire e passati alquanto “sotto silenzio”, a parte per gli “addetti ai lavori”, lo abbiamo rintracciato sul sito di “Musica & Musicologia”) con il quale sono state approvate le equipollenze tra i diplomi Afam del vecchio ordinamento, congiuntamente al possesso di un diploma di scuola secondaria superiore, e i diplomi accademici di II livello (nella Tabella peraltro viene attribuito un solo, univoco codice di individuazione).
Per il decreto applicativo che doveva essere emanato entro tre mesi sono passati oltre sei anni‼ Anche se un intervento della Flc Cgil sull’argomento ci dà la spiegazione: “presupposto per l’adozione del decreto di equipollenza era l’entrata in ordinamento dei diplomi accademici di II livello. Tali diplomi accademici istituti a livello sperimentale fin dal 2003, sono stati istituzionalizzati e resi ordinamentali solo a partire dall’anno accademico 2018/19 a seguito dell’emanazione del D.M. 14/18 e del D.M. 18/2018”. Cioè… “sperimentali” per circa quindici anni‼
Per completezza di informazione aggiungiamo che sempre nel comunicato pubblicato subito dopo l’emanazione del D.M. 331/2019 nel sito della Flc Cgil leggiamo che “per completare il quadro degli interventi previsti dalla Legge 228/12 manca il decreto di equipollenza tra i diplomi accademici di II livello sperimentali e i diplomi accademici di II livello ordinamentali (comma 106 della Legge 228/12, da applicare con apposito decreto”).
Equipollenza tra titoli Afam “vecchi” e “nuovi”, e questi ultimi erano già equiparati alle lauree
A questo punto occorre fare un collegamento direi risolutivo sulla possibilità di riscatto dei titoli Afam V.O. Il comma 103 della Legge di stabilità per il 2013 stabilisce che i diplomi accademici di secondo livello rilasciati dalle istituzioni Afam (evidenziate al precedente comma 102, che peraltro precisa che i diplomi accademici di primo livello rilasciati nel nuovo ordinamento dalle istituzioni Afam hanno valore di equipollenza con i titoli di laurea rilasciati dalle università appartenenti alla classe L-3) sono equipollenti ai titoli di laurea di secondo livello rilasciati dalle Università appartenenti a determinate classi (citate nello stesso comma 103 della Legge 228/2012) dei corsi di laurea magistrale. E poiché anche il messaggio Inps 15662/2010 riconosce il diritto di riscatto a fini pensionistici dei titoli Afam di nuovo ordinamento è chiaro che una volta stabilita definitivamente, con il “tassello” del D.M. 331/2019, l’equipollenza tra titoli “vecchi” e “nuovi” anche quelli del previgente ordinamento sono senza dubbio riscattabili in quanto già quelli del nuovo ordinamento erano equiparati ai titoli di laurea.
Ma già in passato sentenze della Corte Costituzionale avevano riconosciuto la possibilità di riscatto per i diplomi accademici del vecchio ordinamento
In passato abbiamo già illustrato il problema del mancato riconoscimento dei titoli Afam (Accademia di belle arti, Conservatori di musica e Istituti superiori di studi musicali, Istituti superiori per le industrie artistiche-Isia, ed altre Accademie ricomprese nell’Alta formazione artistica, musicale e coreutica) previgenti alla normativa istitutiva dei i nuovi corsi attivati a decorrere dall’anno accademico 2005/2006 (il regolamento di cui al D.P.R. 8 luglio 2005, n. 212 che prevede che anche le istituzioni del settore artistico e musicale attivino corsi di diploma accademico di primo livello, di secondo livello, ecc., così come aveva stabilito per i corsi universitari la legge di riforma del 1999 introducendo negli Atenei i percorsi del 3+2, un primo ciclo di laurea triennale ed un percorso di due anni per conseguire una laurea specialistica, poi denominata “magistrale”, accanto ad alcuni corsi rimasti a ciclo unico).
Consiglio di leggere anche le mie precedenti riflessioni sull’argomento perché nel primo articolo facevo riferimento alla “penalizzazione” subita dai titoli accademici (titoli Afam del vecchio ordinamento) rispetto ai titoli rilasciati dagli Atenei (nel citato messaggio Inps vengono ammessi a riscatto persino i vecchi titoli biennali dei diplomi universitari – ne avranno certamente diritto anche loro – impropriamente dette “lauree brevi”, antecedenti alla riforma dei percorsi universitari del 3+2 e infatti riconducibili alla “legge Ruberti” del 1990, poi soppressi dalla legge n. 509/1999) nonostante i molteplici interventi normativi.
Ma non solo “penalizzazione”, anche discriminazione fra lavoratori, e in tal senso facevo un esempio: nelle scuole superiori (licei artistici, compresi gli ex istituti d’arte confluiti appunto nei licei artistici) ci sono discipline insegnate da docenti che hanno il titolo quadriennale di Accademia oppure ad esempio la laurea quadriennale in Architettura: quindi, in tali casi (tutt’altro che rari) i primi non avrebbero diritto al “riscatto” degli anni di studio e i secondi sì?
Per l’Inps con il suo “messaggio” del n. 15662/2010 era così (eppure fanno lo stesso lavoro, nel settore pubblico, hanno quindi superato un concorso, hanno entrambi l’abilitazione e insegnano la medesima materia): una discriminazione inaccettabile e priva di qualsiasi buonsenso, paradossale ma soprattutto con rilievi di carattere costituzionale. Ed infatti la Corte Costituzionale si era già espressa a favore della possibilità di riscattare, a certe condizioni, gli anni di studio finalizzati al diploma di Accademia di belle arti; la sentenza (in modo estensivo si può considerare attinente anche ai diplomi rilasciati dalle altre Istituzioni Afam) che appare “decisiva” in tale direzione è la n. 52 del 9-15 febbraio 2000 (ma ve ne sono altre, anche successivamente al D.P.R. 212/2005 che ha introdotto anche nelle istituzioni del settore artistico e musicale corsi di diploma accademico di I e di II livello). E soprattutto alle sentenze della Corte Costituzionale sull’argomento dell’ammissibilità al riscatto a fini pensionistici del periodo di studi compiuti presso l’Accademia di belle arti ho dedicato l’altro articolo (sempre precedente a questo) relativo all’argomento in questione.
Ora non è più possibile disconoscere la normativa, e circolari varie e messaggi Inps devono essere aggiornati
Infatti, in linea con le sentenze della Corte costituzionale, l’Inpdap con la nota 10/2006 aveva esplicitamente ammesso al riscatto il corso di studi V.O. svolto presso l’Accademia delle belle arti, ma poi l’Inps, con il “messaggio” del 2010 (“Contributi da riscatto per il corso di laurea”) sembrerebbe avere effettuato un’inversione di marcia rispetto alla suddetta nota Inpdap.
E pensate al paradosso di un docente che insegna in una istituzione Afam (perché ovviamente penalizzati risultavano anche loro, non solo chi insegna nelle scuole con il titolo Afam V.O.) che non poteva magari riscattare il suo titolo a fronte del fatto che lo potessero fare i suoi allievi solo perché iscritti ai corsi del nuovo ordinamento!
Ora il Decreto ministeriale 331/2019 arriva finalmente a sanare una pluriennale situazione conflittuale tra dipendenti e Pubbliche amministrazioni, con contenziosi di vario genere. E francamente stupisce venire a conoscenza che qualche Ufficio periferico (Usp, Amministrazioni autonome Afam per il personale dei percorsi dell’Alta formazione artistica, musicale e coreutica, persino dell’Inps) ancora non ne prenda atto.
E’ comunque assolutamente opportuno che l’Inps aggiorni il “messaggio” sui contributi da riscatto per i corsi di studi, adeguandolo alla recente normativa che ha “completato” con il decreto attuativo quella precedente.
Poi se funzionari dell’Amministrazione o dell’Inps vogliono lo stesso “impuntarsi” determinando ulteriori contenziosi (stavolta senza neppure l’appiglio del decreto attuativo mancante) che potrebbero ancora scaturire in cause dinanzi al Tribunale, allora se ne dovrebbero assumere le responsabilità (anche sul piano “disciplinare”).
Anche perché per i cittadini non è ammessa l’ignoranza della legge e lo dovrebbe essere per chi deve applicarla?!