Dopo oltre due anni di un fitto contenzioso che vede da un lato centinaia di docenti che hanno conseguito all’estero il titolo di abilitazione o di sostegno, e dall’altro il Ministero dell’Istruzione che – caparbiamente – si è puntualmente opposto al riconoscimento dei titoli in Italia, la vicenda sembra giunta ad una svolta, forse definitiva.
Con ordinanza del 19 giugno scorso, la VII sezione del Consiglio di Stato ha infatti demandato all’Adunanza Plenaria la risoluzione della questione inerente il riconoscimento nel nostro ordinamento dei titoli conseguiti in Romania.
Fino ad ora presso il Consiglio di Stato si era consolidato un orientamento secondo cui, in materia di riconoscimento del valore dei corsi di formazione rumeni “cd. Programului Nivelul I e Nivelul II”, il provvedimento di rigetto di riconoscimento dei titoli, così come la nota generale del 2 aprile del 2019 del Ministero dell’Istruzione, erano da ritenersi in contrasto con principi europei oramai consolidati in giurisprudenza.
In particolare, secondo tale orientamento, i provvedimenti delle Autorità italiane non avrebbero valutato che l’iter per conseguire l’abilitazione all’insegnamento in Romania si articola su due fasi, il conseguimento della laurea (esclusivamente in Romania, secondo l’Ordinamento di quel Paese) e la frequenza dei corsi di formazione, i ridetti “Programmuli” per essere ammessi ai quali è necessario essere in possesso di laurea (anche non conseguita in Romania). Di conseguenza – in base a tale interpretazione – il mancato riconoscimento nel diritto rumeno della laurea italiana al fine di ottenere l’abilitazione all’insegnamento nelle istituzioni scolastiche rumene non può e non deve avere un rilievo escludente automatico per l’ordinamento italiano.
Secondo detto orientamento, sino ad oggi maggioritario, l’amministrazione italiana dovrebbe quindi necessariamente rivalutare l’intera competenza professionale dell’interessato, comprensiva di tutti i titoli da lui posseduti, indipendentemente da dove siano stati ottenuti.
Ritenendo che la predetta prospettazione possa dar luogo a contrasti in giurisprudenza (oltretutto involgenti delicati profili di applicazione nel diritto nazionale di normativa europea e di rapporto fra diversi Ordinamenti nazionali), la VII sezione del Consiglio di Stato ha ritenuto opportuno il deferimento delle questioni giuridiche sottostanti all’Adunanza plenaria.
Al massimo consesso della Giustizia Amministrativa è stato quindi chiesto, di valutare la persistente validità dell’orientamento giurisprudenziale consolidatosi in materia di riconoscimento dei titoli post- universitari ottenuti dai cittadini italiani, alla luce di una diversa interpretazione del principio di equipollenza dei titoli di cui all’articolo 13 della Direttiva 2013/55 e della sua operatività.
In particolare, è stato chiesto all’Adunanza plenaria di chiarire se, ai fini dell’accesso in Italia alla professione regolamentata di insegnante nelle scuole primaria e secondaria, sia necessario riconoscere in modo sostanzialmente automatico un percorso di formazione seguito da un cittadino dell’UE (nel caso in esame, italiano) presso altro Paese membro dell’UE (nel caso in esame, in Romania), soltanto previa verifica della durata complessiva, del livello e della qualità della formazione ivi ricevuta (e fatta salva la possibilità per le Autorità italiane di disporre a tal fine specifiche misure compensative).
In particolare, l’Adunanza Plenaria dovrà chiarire se tale riconoscimento sia doveroso (o anche solo possibile) laddove:
– nel Paese membro in cui il percorso di formazione si è svolto (quindi in Romania) il completamento di tale percorso formativo non assume di per sé carattere abilitante ai fini dell’accesso all’insegnamento, ma presuppone altresì in via necessaria che l’interessato abbia conseguito nel Paese di origine (nel caso in esame: la Romania) sia studi di istruzione superiore o post-secondaria, sia studi universitari;
– all’esito di tale percorso di formazione le Autorità rumene non abbiano rilasciato un attestato di competenza o un titolo di formazione ai sensi dell’articolo 13, par. 1 della Direttiva 2005/36/CE.
A prescindere dalla decisione dell’Adunanza Plenaria, resteranno comunque indenni le posizioni di coloro i quali abbiano già ottenuto il riconoscimento del titolo rumeno con provvedimento espresso del Ministero o in virtù di una sentenza passata in giudicato.
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