I lettori ci scrivono

Titoli esteri, facciamo chiarezza

La presente per replicare alle continue lettere dei docenti di sostegno che hanno conseguito il titolo di specializzazione all’estero in cui veniamo accusati di fare affermazioni false.

Costoro continuano a riportare in modo generico e improprio pronunciamenti giurisprudenziali, senza entrare nel merito giuridico degli stessi.

Tutte le sentenze richiamate hanno un contenuto obiettivo che riportano il giusto principio di non escludere a priori dalla stipula dei contratti a tempo determinato i docenti che hanno conseguito il titolo all’estero. Poi, però, le sentenze vanno lette con attenzione per comprendere i vari passaggi giuridici.

I provvedimenti giurisdizionali richiamati non lasciano scampo su un punto: i titoli devono essere riconosciuti e devono essere il frutto di un processo di capacità di formazione professionale uguale a quelli conseguiti in Italia.

I colleghi riportano solo parti di sentenze completamente avulse dal testo integrale. Il Consiglio di Stato, lo ribadiamo, è stato chiaro e ha disposto la seguente massima di diritto (si prega, se si ha pazienza, di leggere il testo integrale della sentenza): il riconoscimento dei titoli deve avvenire caso per caso. Ciò comporta la necessità di un lavoro lungo da parte del Ministero che non può essere accusato di inerzia. L’inerzia amministrativa si configura quando si assiste al mancato impiego delle risorse, in modo volontario, da parte della pubblica amministrazione.

Il Ministero non può riconoscere i titoli in modo aprioristico e massivo ma deve valutarli con attenzione. Ricordiamo che il Consiglio di Stato ha posto la parola fine a questa vicenda in quanto rappresenta il massimo organo a riguardo ed il Ministero non può discostarsi dal principio di diritto formulato da Palazzo Spada. In tal senso abbiamo più volte richiamato l’attenzione del MIM su questo punto, intimandolo ad agire con prudenza, evitando un riconoscimento in serie dei titoli mediante artifizi giuridici ad hoc.

Vorremmo ricordare ai nostri colleghi che il richiamato diritto al lavoro non è un totem assoluto, ma deve essere supportato da basi giuridiche legittime. Il medesimo diritto rimane in capo anche a coloro che hanno conseguito i titoli e le abilitazioni in Italia, passando da percorsi molto selettivi. Il diritto al lavoro esiste nel momento in cui si è superato un percorso legittimo. Gli specializzati/abilitati esteri perché non rispondono alle domande che già abbiamo posto nei nostri precedenti interventi pubblici, accusandoci, al contrario, di assumere comportamenti diffamatori? Riproponiamo le domande, cui vorremmo una risposta certa e provata, e così nello specifico:

1) I corsi all’estero prevedono una prova preselettiva? Gli enti privati, presenti in molte regioni meridionali, collegati alle università estere, non prevedono tale prova.

2) I docenti specializzati/abilitati all’estero hanno effettuato tirocini formativi in presenza, nelle scuole  rumene, spagnole o bulgare?

3) In che lingua hanno svolto il percorso?

4) Hanno effettuato tirocini indiretti, laboratori e tic in quei posti?

5) In Romania esiste l’inclusione scolastica o ci sono ancora classi differenziali?

6) Nel tirocinio, eventualmente effettuato, in che lingua venivano comunicate, nelle scuole, le problematiche dei ragazzi diversamente abili?

Siamo a conoscenza di colleghi che hanno svolto questi pseudocorsi comodamente seduti da casa, spendendo cifre spropositate e senza mettere piede un solo giorno in quei luoghi, tant’è che in Calabria, ad esempio, sono partite le prime indagini nei confronti di molti enti per verificare la liceità di questi percorsi.

È triste assistere allo spettacolo di una guerra tra poveri e ci rendiamo conto delle esigenze portate da tutti i docenti ma accettare inopinatamente un vero e proprio mercato dei titoli sarebbe vergognoso.

Continueremo a vigilare sull’operato del Ministero e delle istituzioni scolastiche anche con eventuali accessi agli atti amministrativi per denunciare eventuali fatti che possano configurare dei veri e propri reati.

Confidiamo pertanto nell’operato del Ministero a tutela degli alunni diversamente abili, delle loro famiglie e della dignità professionale di chi ha conseguito gli obiettivi in modo legittimo e con merito.

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