In data 5 settembre il Ministero ha pubblicato il decreto ministeriale n. 130 del 6 luglio scorso, recante Disposizioni modificative del Decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca del 23 febbraio 2016, n. 92, recante “Riconoscimento dei titoli di specializzazione in Italiano Lingua 2”.
Il decreto prevede che l’Allegato A al decreto ministeriale 23 febbraio 2016, n. 92 sia aggiornato con l’introduzione dei seguenti titoli:
La norma quindi produce un allargamento degli Atenei autorizzati a rilasciare il titolo per insegnare nella classe di concorso A023, Lingua italiana per discenti di lingua straniera.
Il provvedimento sancisce inoltre il passaggio del DM 92/2016 da “norma transitoria” a “norma a regime”.
Fortemente critica è la posizione della FLC CGIL, che sottolinea come, da ora in poi, “qualsiasi ateneo, anche telematico, potrà accreditarsi al rilascio dei titoli per insegnare italiano come L2, anche in mancanza di criteri o analisi che vaglino la qualità del percorso proposto“.
“Lo stesso CSPI – ribadisce il Sindacato – ha espresso un parere negativo sul provvedimento, rilevando che il Ministero, a 7 anni dal decreto del 2016, avrebbe dovuto definire gli ordinamenti didattici e i criteri per l’attivazione da parte degli Atenei di uno specifico corso di specializzazione (come peraltro previsto dall’art.3 c. 1 del DM 92/2016). Invece, senza alcuna istruttoria sull’offerta formativa oggi espressa dal mondo universitario sulla materia, ha accreditato alcuni master, aprendo un varco sia per quanto riguarda i possibili contenziosi, sia per la qualità della formazione docente“.
“Ovviamente la scelta del Ministro Valditara va nella direzione di svilire la qualità del percorso formativo che dà accesso all’insegnamento della classe A023, con forti passi indietro su aspetti didattici chiave del percorso, come il tirocinio, i laboratori in presenza, la tesi finale e i progetti didattici. Ad avanzare sono gli interessi della formazione on-line, del mercato dei titoli telematici e di quanti offrono formazione a costi alti per i corsisti e scarse condizioni retributive e di diritti per il personale che vi lavora” conclude la FLC CGIL.
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