Se in Italia il livello di conoscenza delle lingue e quello delle competenze è troppo basso, mentre secondo l’indagine di Almadiploma i ragazzi che hanno avuto un qualche contatto con il mondo del lavoro durante gli studi hanno il sessanta per cento di probabilità in più di trovare un lavoro, per il sottosegretario all’Istruzione Gabriele Toccafondi, intervistato dal Sole 24 Ore, questi dati “dimostrano che stage e tirocini aiutano a trovare lavoro. Più in generale le esperienze che si svolgono a scuola, dall’alternanza scuola-lavoro agli studi internazionali, aumentano fra il 30 e il 60 per cento le chances occupazionali, segno che la scuola deve cambiare e che la riforma della scuola sta andando in questa direzione, facendo fare esperienze vere ai ragazzi. Solo con le esperienze si acquisiscono quelle competenze che il mondo del lavoro, ma anche dell’università, richiedono. Sono quindi moderatamente soddisfatto rispetto a questa fotografia di Almadiploma perché ci dice che stiamo andando nella direzione giusta. Poi ci sono delle zone d’ombra: il 40 per cento dei ragazzi che dichiara di aver sbagliato scuola è un segnale negativo. Vuol dire che sull’orientamento dobbiamo fare di più e meglio, insieme alle scuole alle famiglie. I ragazzi devono comprendere anche quello che il mondo del lavoro può richiedere da qui a 5-6 anni. Sono le famiglie a decidere, ma le famiglie devono essere informate».
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E poi ammette: «Le cose si possono migliorare. Ma voglio vedere il bicchiere mezzo pieno, anche perché fino all’anno scorso il bicchiere non c’era, l’alternanza scuola-lavoro non esisteva. Dopo cinquant’anni di dibattito culturale sul tema aziende e scuola, l’anno scorso finalmente con la riforma della scuola abbiamo buttato giù un muro (molto ideologico e culturale) e abbiamo iniziato a fare scuola con una metodologia differente. Le scuole stanno rispondendo benissimo e non avevamo dubbi perché sappiamo che genitori, studenti e docenti da anni chiedevano l’esperienza curricolare di alternanza. Il monitoraggio ci dà una fotografia positiva, il 96 per cento delle scuole ha iniziato percorsi di alternanza, 455mila ragazzi sui 500mila frequentanti il terzo anno (il primo con l’obbligatorietà dell’alternanza) hanno fatto esperienze (il 90 per cento), le imprese che hanno accolto i ragazzi sono aumentate del 150 per cento. Di fronte a questi dati positivi, ora stiamo lavorando per migliorare le condizioni per i ragazzi e per aiutare le imprese, soprattutto quelle più piccole, dal punto di vista burocratico. L’alternanza si fa se ci sono due soggetti: chi domanda che si faccia, cioè la scuola, e chi accoglie, cioè il mondo delle imprese, il no profit, i musei, le amministrazioni comunali, e l’impresa formativa simulata. Stiamo registrando il tutto con le associazioni degli imprenditori e con il ministero del Lavoro perché nessuno ha la bacchetta magica e dopo cinquant’anni non si cambia questa realtà dall’oggi al domani, però siamo soddisfatti».
«Molti presidi bussano alle porte delle imprese ma queste porte non si aprono, per questo stiamo lavorando con gli altri ministeri per facilitare questa apertura, però difendo l’alternanza fatta con il sistema dell’impresa formativa simulata, se questa viene svolta non internamente alla scuola con i docenti ma con gli imprenditori (un caporeparto, un artigiano, un imprenditore) durante un percorso semestrale o annuale. In questo modo è l’impresa che va a scuola e segue i ragazzi a distanza. Con i miei occhi ho visto esperienze positive di alternanza vera e propria fatte con questa modalità».
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