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Tony Effe, concerto del trapper amato dalla Gen Z annullato: “Testi misogini”. Il dibattito: “Sono canzoni, non messaggi”

Sta facendo scalpore il caso Tony Effe: il trapper romano 33enne, al secolo Nicolò Rapisarda, avrebbe dovuto esibirsi al concerto di Capodanno a Roma ma nelle ultime ore è stato escluso perché troppo divisivo. Il motivo? Alcune frasi contenute nei testi delle sue canzoni risultate misogine.

Il Comune di Roma, come riporta Il Corriere della Sera, ha dovuto affrontare le polemiche sollevate da esponenti politiche di tutti i partiti (incluse le donne del Pd), indignate per i testi di alcune canzoni del trapper giudicate “sessiste e misogine”.

“Può esistere un rap non misogino, ma non è il mio rap”

In un’intervista a Vanity Fair di qualche mese fa il 33enne romano aveva detto che “può esistere un rap non misogino, ma non è il mio rap. Io poi faccio di tutto, anche pop. Sono bravo a fare tutti i tipi di musica, molto semplicemente”.

Anche il Codacons ha sollevato la questione: “Se sarà bloccata l’esibizione di Tony Effe al concertone di Capodanno a Roma, la stessa misura deve valere anche per il prossimo festival di Sanremo dove il rapper, nonostante i suoi testi violenti e sessisti, è stato accolto a braccia aperte dalla Rai e da Carlo Conti”.

Dello stesso parere il presidente dei senatori di Forza Italia, Maurizio Gasparri: “Invito pubblicamente la Rai a fare una riflessione su alcuni rapper improvvidamente coinvolti da Conti nel festival di Sanremo. Perfino il Comune di Roma, gestito dalla sinistra, di fronte alle giuste proteste per i toni molto violenti, sessisti e di offesa delle donne di alcuni personaggi come Tony Effe ed altri, ha deciso di cancellarne la presenza al concerto di fine anno nella Capitale”.

Sui social, però, c’è chi difende il trapper ritenendo la polemica “sconcertante”. Qualcun altro parla di “liste di proscrizione” e accusa il Campidoglio di “ipocrisia”. “Non c’è nessuna censura, non stiamo parlando del diritto sacrosanto di Tony Effe di esprimersi e di fare concerti a Roma ma dell’opportunità di utilizzare risorse pubbliche dell’amministrazione, e quindi dei cittadini, per fare di lui uno degli ospiti del concerto di Capodanno”, ha detto il sindaco di Roma Roberto Gualtieri a margine dell’inaugurazione del progetto ‘Murales’ a piazza Venezia, come riporta Adnkronos. Il primo cittadino avrebbe chiesto al cantante di rinunciare all’invito e “fare un passo indietro”. “Per fortuna non c’erano contratti firmati e non ci sono penali da pagare”, ha detto, come riporta Ansa.

Federico Mollicone, presidente della Commissione Cultura della Camera, ha commentato: “E’ un bene il fatto che sia saltata la partecipazione di Tony Effe. Siamo stati i primi, alla presentazione della sua partecipazione al Festival di Sanremo, pur essendo contro ogni forma di censura, – ha spiegato Mollicone – a chiedere all’azienda che non venissero accettati temi sessisti suoi o di altri trapper in gara. Non si possono fare leggi ad hoc come quella contro il femminicidio, il codice rosso o il bullismo e poi essere tolleranti con testi che sono la rappresentazione musicale di quelle violenze e di quella subcultura che diventa mitopoiesi nella periferie italiane e tra i giovani che le vivono”.

Su La Stampa la giornalista Assia Neumann Dayan ha criticato la decisione del primo cittadino romano: “Mi spaventa che i politici pensino che il pubblico sia cretino, tanto da ascoltare Tony Effe e scendere in strada a prendere a schiaffi le donne, talmente cretino da non capire che quello non è un messaggio, è una canzone”.

Rapper e trapper cattivi modelli? O è la famiglia a dover educare?

Giusto censurare questo tipo di artisti? In qualche modo i testi violenti e misogini influenzano il comportamento dei giovanissimi? Oppure non sono i trapper a dover “educare”? Abbiamo spesso parlato di questi temi e ne hanno parlato spesso i diretti interessati.

L’anno scorso ha fatto scalpore la decisione del sindaco di Ladispoli, cittadina laziale, di bloccare il concerto del rapper Emis Killa previsto per Capodanno. Il cantante avrebbe dovuto esibirsi con Guè. Il motivo? Una frase contenuta in un vecchio testo di una canzone di Killa, del 2016, “3 messaggi in segreteria“.

“Preferisco vederti morta che con un altro”, queste le parole incriminate. Le polemiche, come riporta Rolling Stone, sono nate in questi giorni e il cantante ha provato a difendersi dalle critiche dicendo che non si tratta di un inno al femminicidio, ma tutto il contrario. “Nel pezzo – dice – interpreto, invento, racconto fatti che purtroppo per quanto spiacevoli accadono. Non è Emiliano che parla e non penso nemmeno di dover dare troppe giustificazioni a chi non vuole capire. In un altro storytelling molto più recente interpreto Renato Vallanzasca, non so, volete accollarmi qualche anno di galera? Per farmi un’idea di me piuttosto dovreste parlare con le donne che fanno parte della mia vita, dalla mia famiglia alle amiche. Cercate i colpevoli tra i colpevoli, non tra chi è dalla vostra parte pur avendo un altro modo di affrontare le cose”.

L’attrice Cristiana Capotondi si è scagliata l’anno scorso contro il trap: “Ma l’avete ascoltata la musica trap, di come viene trattata la donna nella musica trap? La ascoltano gli adolescenti. Di che ci sorprendiamo se un giovane di 22 anni considera una donna come un oggetto tale per cui ti tolgo la vita”, ha detto a In Altre Parole su La7.

Come riporta La Repubblicai trapper non ci stanno. Ecco le parole di Luché: “Quanto qualunquismo in classico stile italiano. Come se la donna non fosse mai stata trattata come un oggetto nelle fantasie degli italiani, sin dall’inizio delle televisioni private dagli anni Ottanta a oggi”.

Ecco le parole del rapper Jake La Furia: “Se pensiamo all’ipotetica influenza negativa sui giovani allora bisogna abolire i film d’azione, certa letteratura fantastica, il pulp e un sacco di altre cose. Sono le famiglie — non noi — a dover insegnare certi principi. E poi la nostra musica con i Club Dogo è stata anche cronaca della realtà, e la realtà non è sempre bella”.

Anche il rapper Fred De Palma la pensa così: “Puntare il dito verso chi fa rap o trap è un modo per costruire alibi a chi viene meno al proprio ruolo. Sul palco ci si scanna con insulti anche tremendi, l’opposto del politically correct. Ma è solo fiction”, ha detto mesi fa.

“Non è giusto caricare sulle spalle di rapper di vent’anni il compito di educare, un compito che spetta ai genitori, alla scuola, alla società. Non credo che le persone si regolino nella vita in base ad un pezzo sentito alla radio. Basta accuse ai rapper, nessuno uccide per una canzone”, ha aggiunto.

“Noi artisti raccontiamo le storie. Anche quelle brutte. Non abbiamo la responsabilità di educare nessuno con le nostre canzoni. Sì, ho perso anche io fratelli per la strada ma noi rapper non siamo il male. Non toglieteci questa possibilità di racconto”, così Geolier.

“Io le robe brutte a volte le ho dette, ma il rap è arte e penso che ognuno nasca con un’educazione che arriva dalla famiglia. Non credo che le cose negative si apprendano dalla musica, se io dico ‘vai a sparare’, non è che lo fai. Ci sono sempre stati brani di grandi artisti che non hanno detto solo cose belle, ma ognuno deve avere una propria morale”, questa la risposta di Anna Pepe a chi accusa i rapper di essere cattivi modelli per i giovani.

Redazione

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