Pensionamento e previdenza

Torna la Legge Fornero, la pensione anticipata diventa un miraggio: addio a Opzione donna che volevano in poche, Pd e M5s la rimpiangono

Altro che abbattimento della Legge Fornero: il nuovo Governo FdI, Lega, Forza Italia – che tanto aveva criticato la riforma previdenziale del 2011 con Mario Monti capo del governo tecnico – in poche settimane ha prodotto una sostanziale riduzione delle deroghe introdotte negli ultimi anni. Una di queste è sicuramente quella del ridimensionamento (con l’ultima Legge di Bilancio) di Opzione donna, l’opportunità che è stata data negli ultimi anni alle donne che hanno accumulato almeno 35 anni di contributi e 58 di età.

Sebbene non fosse numericamente mai decollata, per via della forte riduzione dell’assegno di quiescenza (fino ad oltre il 30% rispetto all’uscita dal lavoro a 67 anni), l’opzione è stata di fatto fortemente limitata dal Governo Meloni determinate categorie: le lavoratrici disoccupate; le dipendenti che assistono persone con handicap in situazione di gravità ai sensi dell’articolo 3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104; le lavoratrici con riconoscimento invalidità civile di grado almeno pari al 74%. Inoltre, il requisito minimo anagrafico per l’accesso è stato elevato ad almeno 60 anni e ridotto “di un anno per ogni figlio nel limite massimo di due anni”.

L’Ape Social

Questo significa che nella scuola una delle poche opportunità rimaste in vita per lasciare anticipatamente il lavoro è ad oggi la cosiddetta Ape Sociale: l’uscita anticipata possibile però solo per le maestre d’infanzia e della primaria, il cui lavoro è stato considerato usurante (dalla commissione di esporti nominata ad hoc).

Una facoltà che dà facoltà di andare in pensione, solo alle donne, a 62-63 anni e con una riduzione minima (in media appena 40-50 euro) rispetto ai contributi sino a quel momento versati.

Le mozioni delle opposizioni

L’8 maggio si è tenuta nell’Aula della Camera la discussione generale sulle mozioni presentate dalle opposizioni – tra cui quelle di Andrea Orlando, Pd, e Chiara Appendino del M5s – e relative alle iniziative volte a ripristinarla, allargandola a tutte le donne con almeno 35 anni di contributi.

I parlamentari promotori delle mozioni hanno quindi spiegato il motivo delle richieste, che verranno votate in un’altra seduta.

Le spiegazioni dei deputati

Nel corso dell’intervento in Aula, la deputata del gruppo Pd-Idp, Maria Cecilia Guerra, responsabile Lavoro della segreteria dem, ha detto che “Opzione donna non era un regalo, chi vi accedeva sopportava un taglio fino al 30% della propria pensione, eppure, come ci dicono i dati Inps, rappresentava una opzione per le donne in difficoltà per motivi economici e per motivi familiari”.

Intervenendo in Aula alla Camera, il deputato del M5S Arnaldo Lomuti ha detto che legando Opzione donna “alla presenza o meno di figli è stata ridotta drasticamente la platea delle lavoratrici che avrebbero potuto accedere a questa forma di uscita flessibile, trasformando tale disciplina in una ‘Opzione cassa’ volta a finanziare altre misure”.

“In questi mesi l’esecutivo non ha fatto nulla. Ancora nel Def non si intravede alcuna prospettiva di risoluzione della vicenda. La mozione del M5S, a prima firma Appendino, intende impegnare il Governo non solo a ripristinare quanto prima Opzione Donna con le regole vigenti fino al 31 dicembre 2022, ma anche a mettere in campo misure per ridurre le disparità di genere nel mercato del lavoro”.

Oggi, ha detto Ilenia Malavasi, deputata del Pd, “possono accedere a Opzione Donna solo tre categorie di lavoratrici: caregiver, invalide civili in misura pari o superiore al 74% e chi è stata licenziata o è dipendente in imprese per le quali è attivo un tavolo di confronto per la gestione della crisi aziendale”.

“Questo governo umilia continuamente le donne, nel loro ruolo di lavoratrici e di persone con sogni e desideri da realizzare, proponendo il solo e inaccettabile modello di “angelo del focolare. Tutto questo, grazie a un governo guidato per la prima volta da una donna”, ha concluso Malavasi.

Secondo Debora Serracchiani, deputata e responsabile Giustizia del Pd, “l’intervento del governo su opzione donna mostra un vero e proprio accanimento. Ed esiste un accanimento contro tutti i pensionati a quali era stato promesso in campagna elettorale di tutto, dalle pensioni minime a 1.000 euro all’aumento delle possibilità di pensionamento anticipato. L’unica cosa che hanno ottenuto, invece, è stato il taglio delle pensioni”.

“Pensavamo – ha continuato la dem intervenendo alla Camera – che il governo avrebbe convocato il tavolo con le opposizioni su questioni come il salario minimo o la situazione della sanità pubblica o della scuola o della natalità oppure delle infrastrutture e invece il solo tavolo di confronto con le opposizioni è quello sulle riforme”.

“Noi oggi interveniamo su Opzione donna e non ci stancheremo di tornare su questa questione fino a quando non vedremo ristabiliti i diritti di chi ha lavorato per una vita intera”, ha concluso Serracchiani.

Alessandro Giuliani

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