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Torna di nuovo in primo piano la Scuola nel panorama cinematografico francese. Sono tanti i film d’autore che negli ultimi tempi le sono stati dedicati: nel 2008, “Entre les murs” di Laurent Cantet raccontava l’esperienza di un insegnante alle prese con una classe difficile di una scuola media parigina; sempre nel 2008 usciva in sala “Stella”, con la regia di Sylvie Verheyde, in cui la Scuola veniva rappresentata come una sorta di strumento salvifico e di cambiamento non soltanto per chi la frequenta – nel nostro caso una ragazzina dei quartieri popolari – ma anche per il suo entourage, genitori in primis. E tantissimi altri potrebbero essere citati, ad esempio uno degli ultimi, “Un métier sérieux” di Thomas Lilti, che si sviluppa attorno a una domanda scomoda: ma cosa c’è di così attraente nella professione docente, come può sorgere una motivazione a insegnare, vista la fragilità e la perdita di considerazione sociale di cui soffre oggi tutta l’istituzione scolastica.
Insomma, la Scuola è da sempre un tema d’elezione per il cinema francese, un mondo da scoprire, da scavare per comprendere il ruolo che vi giocano i suoi attori principali, docenti e studenti.
E proprio un paio di giorni fa, dicevamo, è uscito l’ultimo, nelle sale dal 29 gennaio. Parliamo di “Apprendre”, un film della regista Claire Simon: nella scuola elementare pubblica Makarenko, a Ivry-sur-Seine, nella banlieue parigina, gli insegnanti sanno che non solo insegnano, ma anche educano. Con cura, tenacia e impegno, i bambini vengono formati per diventare non solo cittadini responsabili ma anche esseri umani.
Come ha scritto il critico cinematografico Luca Mosso sul Manifesto subito dopo la presentazione del film, fuori concorso, al Festival di Cannes, Apprendre è un film molto riuscito che si apre alla complessità e accoglie nella narrazione anche gli insegnanti che, spesso visti dal basso e talvolta fuori campo, costituiscono un polo dialettico plurale alle espressioni dei giovani studenti.
Paola Piacenza, in un articolo pubblicato sul supplemento del Corriere della Sera, Io Donna, si augura che il film-documentario di Claire Simon esca anche in Italia e che possa essere visto dal maggior numero possibile di spettatori. Perché la realtà che racconta – scrive Piacenza – tra classi multietniche, insegnanti preparati, motivati, insieme severi e amorevoli, e bambini che sono lo specchio di quel mondo che li aspetta al suono della campanella, non è troppo diversa dalla nostra. Imparare, alzare la mano, fare errori, desiderare l’approvazione dell’insegnante, ma anche un abbraccio, saper leggere, scrivere, contare, giocare a dama, giocare nel cortile durante la ricreazione, attuare strategie per battere l’avversario in una competizione, accettare la sconfitta. E poi insegnare, incoraggiare, aiutare, spiegare che è meglio parlare invece di litigare.
Intervistati dalla rivista specializzata “Le Café Pédagogique”, i professori-attori del film di Claire Simon sottolineano lo spirito militante del loro mestiere: insegnare significa progettare, riflettere. Se un insegnante non lo fa, allora neanche gli alunni lo faranno mai.