Con il Governo Draghi ritorna, per la seconda volta, il Ministero della disabilità.
La prima volta era accaduto con il Governo Conte I quando il Ministero, che per la verità si chiamava “Disabilità e famiglia”, era stato affidato inizialmente a Lorenzo Fontana (Lega) per passare poi ad Alessandra Locatelli, sempre della Lega.
Nel secondo Governo Conte il Ministero era stato cancellato ma adesso ritorna in auge proprio su esplicita richiesta dello stesso Matteo Salvini.
A Raffaele Iosa, già dirigente tecnico del Miur e responsabile per lungo tempo dell’Osservatorio nazionale sull’handicap, abbiano chiesto se davvero serva un Ministero per migliorare i processi di inclusione.
“Nel Governo giallo-verde – sostiene Iosa – quel Ministero ha brillato per l’inutilità. È la prosecuzione di una filosofia politica esplicita legata al conservatorismo compassionevole. Questo ministero rischia di essere una enclave recintata di assistenzialismo. Dunque isolazione e non inclusione”.
E invece cosa bisognerebbe fare?
“Io sogno un Governo che metta l’accomodamento ragionevole come via trasversale e non settoriale delle politiche tutte (non solo sociosanitarie), dalla cultura ai trasporti all’istruzione, al lavoro, ecc..”
Si spieghi meglio
“Per esempio la cosiddetta ‘transizione ecologica’ deve essere vista non solo come riduzione di CO2, ma come riduzione ragionevole di tutte le ‘barriere’ (fisiche e simboliche) che impediscono una vita dignitosa a tutti come autorealizzazione e non come nicchia separativa”.
Però le famiglie coinvolte potrebbero sentirsi rassicurate dal fatto che esista un Ministero che si occupa dei loro problemi.
“Capisco perfettamente che possa affascinare chi, magari giustamente, si lamenta per i vari disservizi nel welfare. Ma un ministero separato non aiuta, anzi: pur di dimostrare di esistere cercherà qualche medagliola col rischio del corporativismo isolante”.
Cioè?
“Per esempio si potrebbe persino arrivare a condividere l’assurda proposta dell’ENS (Ente nazionale sordi) di riaprire scuole speciali per sordi segnanti. Altro che inclusione!”
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