Secondo le stime dell’Istat nel suo report sul futuro demografico del Paese, rispetto ai 60,7 milioni del 2016, nel 2045 i residenti saranno solo 58,6 milioni, per ridursi ancora a 53,7 milioni nel 2065.
Mentre nel Mezzogiorno il calo di popolazione si manifesterebbe lungo l’intero periodo – ipotizza l’istituto -, per il Centro-nord, superati i primi trent’anni di previsione con un bilancio demografico positivo, un progressivo declino della popolazione si avrebbe soltanto dal 2045 in avanti.
Una dinamica che, al 2065, porterebbe il Centro-Nord ad accogliere il 71% dei residenti (contro il 66% di oggi), mentre il Mezzogiorno scenderebbe al 26% (dal 34% attuale).
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L’età media della popolazione, sempre al 2065, dovrebbe passare da 44,7 anni a oltre 50, con la sopravvivenza prevista in aumento fino a una vita media di 86,1 anni per gli uomini e 90,2 anni per le donne (nel 2015 l’aspettativa era di 80,1 anni per i maschi e 84,6 per le femmine).
Il picco di invecchiamento dovrebbe colpire l’Italia nel quinquennio 2045-50, quando i nati nel baby boom (1961-1975) passeranno dalla tarda età attiva a quella senile. A muoversi in rialzo, spiega l’Istat, sarà comunque anche la fecondità: da 1,34 a 1,59 figli per donna nel periodo 2016-2065 secondo lo scenario mediano elaborato dall’istituto.
La quota di immigrati nel nostro paese si manterrà “a lungo” poco sotto il livello delle 300 mila unità annue, per poi gradualmente scendere fino al livello delle 270 mila unità annue entro il 2065. In questo modo, nell’intervallo complessivo fino al 2065 immigreranno complessivamente in Italia 14,4 milioni di individui. Per quanto riguarda gli emigrati dall’Italia, dopo una prima fase di lieve diminuzione, da 157 a 132 mila tra il 2016 e il 2035, il numero di coloro che andranno all’estero presentano a loro volta un’evoluzione stabile nel medio e lungo termine, intorno a un valore medio di 130 mila unità annue dal 2035 in avanti. In totale sarebbero 6,7 milioni gli emigrati dall’Italia nell’intero arco di proiezione.
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