Esce l’ennesimo libro ispirato al mondo della scuola, anzi all’universo della nostra istruzione e dunque all’infinito cosmo dentro cui si muovono i docenti con tutti i loro pianeti, i centri di gravità, i soli e le lune e pure le meteoriti che pericolosamente girano per tale spazio profondo dentro cui loro si muovono, ma col rischio di esserne colpiti.
Perché in effetti, gli alunni passano ma i prof rimangono, se non sempre nella stessa scuola, almeno nella medesima sfera celeste tra i cui cerchi concentrici essa si muove. E dunque il problema si storicizza nel senso che diventa metafisico, cioè di valore universale e trascendentale, per cui ciascuno vi si scopre e vi si può riconoscere e trovare. È come una sorta di ragnatela dentro cui l’insegnante si vede invischiato senza averci messo nulla di suo, ma cooptato da una sorta di ideologia permalosa, per cui ciò che colpisce l’uno colpisce anche l’altro, mentre il direttore d’orchestra controlla che la melodia sia ballabile.
Una odissea nello spazio profondo della scuola, insomma, questo libro “anonimo” e dal singolare titolo “[Viagg] io d’istruzione. Un castigamatti a scuola”, senza editore, senza prezzo, ma di 144 pp. in formato tascabile e che dunque si legge in qualche ora.
Chi l’ha scritto, tiene a sottolineare che la pubblicazione si ispira alla collana Millelire di “Stampa Alternativa”, di cui ha le caratteristiche, come abbiamo detto, compresa la denuncia: sociale quella, scolastica questa. Che poi in verità il volumetto si snoda in brevi tappe dentro le quali vengono raccontate episodi, aneddoti, storie, immagini che ad ogni docente per lo più sono capitati, ma da cui tuttavia sorge un insegnamento e una riflessione: perché è così diversa dalle altre questa classe di lavoratori?
E qui, secondo taluni studiosi, nascerebbe una sorta di certezza: perché i docenti tenderebbero ad appiattirsi verso il basso, verso i loro alunni, imitandone i comportamenti e i tic, i nascondimenti e le furberie; e valga per tutti la superficialità con la quale si partecipa ai collegi. Ma anche di come si fanno dilatare i voti, di come ci si atteggia per ottenere le grazie dei ragazzi, comprese le chat comuni ecc. ecc.
Scrive l’autore nel risvolto di copertina: “Il titolo allude alla doverosa ovvietà di istruirsi sul reale, ma anche alla “distruzione” che la consapevolezza dei malanni cronici dell’istituzione scolastica potrebbe determinare nei nostri convincimenti, nonché alle responsabilità che l’io narrante sente gravare su di sé, veicolando idee altrimenti sterili ed autoreferenziali. Per ovvie ragioni si è scelto uno pseudonimo, in compenso una locuzione senza ambiguità”.
A ciascuno il suo, diciamo col poeta, e all’autore che sarebbe stato meglio firmarsi, anche per non imitare gli alunni quando scrivono sui muri della scuola apprezzamenti sui loro prof.
Tuttavia se la scelta è stata questa, è giusto rispettarla, mentre leggere questo libriccino aiuta in qualche modo a sentirsi meno soli nello spazio infinito dove gravita l’universo scuola e con essa la corposa schiera dei docenti italiani.
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