Il 3 agosto non è stata una giornata felice per la maggioranza in Parlamento. Partiamo dall’ultima notizia, con i senatori di Lega e M5S a votare a favore per la riapertura delle GaE a tutti gli abilitati nel corso dell’esame del “decreto milleproroghe”: per sfortuna del Governo, l’avvenuto errore, che come già da noi commentato ha dell’incredibile, è capitato nell’era dei social, che non perdonano nulla, diventando virale nel volgere di pochissimi minuti.
Tutta Italia, così, è venuta a sapere dell’imperdonabile svarione, con il relatore di maggioranza senatore leghista Stefano Borghezi ad annunciare il sì del Governo all’emendamento, e nessun senatore alleato a verificarne il testo, votando quindi a favore. Il tutto è accaduto, solo quarantott’ore dopo che i colleghi di partito della Camera avevano alzato un muro di no di fronte ai tanti emendamenti presentati dall’opposizione sullo stesso tema delle GaE e dei diplomati magistrale defenestrati dal Consiglio di Stato.
La soddisfazione di LeU
A rendere ancora più amaro lo scambio di emendamento, sono stati i commenti di soddisfazione (o di scherno?), non solo dei docenti interessati tramite facebook, twitter vari social, anche da parte dei promotori della proposta. Ad iniziare dalla prima firmataria dell’emendamento, Loredana De Petris, che ha detto: “da anni chiediamo di riaprire le graduatorie ad esaurimento”, al fine di “avviare un piano di stabilizzazioni pluriennali che garantisca innanzitutto a quella migliaia di bambini e di ragazzi, non solo negli slogan elettorali, il diritto alla continuità didattica”.
“L’emendamento rappresenta ora una vera opportunità di risolvere il problema del precariato, a partire da quello delle tante maestre e maestri della primaria e dell’infanzia che dopo anni e anni di supplenze, rischiano di essere licenziate”, ha concluso la De Petris.
Pure da Montecitorio sono partite affermazioni di giubilo: il deputato Stefano Fassina, anche lui di LeU, ha mandato il suo “grazie alla presidente De Petris e a tutto il gruppo LeU del Senato per l’approvazione dell’emendamento”, perché “dopo l’indisponibilità del Governo alla Camera a correggere l’ingiustizia nel cosiddetto Decreto Dignità eravamo sconfortati, ma non rassegnati”.
Incidente di percorso da evitare
Sulla vicenda è intervenuto con celerità pure Marcello Pacifico, il cui sindacato tutela diverse migliaia di diplomati magistrale e Itp, che a nome dell’Anief ha ringraziato “i senatori della maggioranza parlamentare, che hanno compreso l’importanza di questa complicata partita, dando l’assenso ad un provvedimento fondamentale”.
A chiarire tutto ci ha pensato, poco dopo, il senatore Mario Pittoni, presidente della VII commissione al Senato, che sul suo profilo Facebook ha parlato di una “incomprensione verificatasi al Senato al momento del voto su un emendamento” e che quindi “verrà corretta”. Però l’incidente di percorso si poteva evitare.
Slittamento dell’obbligo vaccini fino a 6 anni: no della pentastellata Elena Fattori
Ma nella stessa giornata, si poteva anche evitare che sulla decisione della maggioranza di far slittare di dodici mesi l’obbligo vaccinale nella scuola d’infanzia e negli asili nido, sempre nel “decreto milleproroghe”, che tra i voti 110 contrari ci fosse anche quello della senatrice pentastellata Elena Fattori: la grillina ha parlato di una presa di posizione che ha ragioni strettamente personali.
Poi, però, non le ha mandate a dire: “rispetto la scelta del mio gruppo ma per mia storia personale, professionale e dolorosamente di madre – ha detto Fattori in Aula – non posso fare altro che dissociarmi dal mio gruppo e esprimere un indignato voto contrario”.
Ora, esprimere un voto contrario al proprio partito può accadere. Farlo in modo indignato, a poche settimane dall’avvio della legislatura, ritrovandosi pure in sintonia dure critiche espresse dall’ex ministro della Salute Beatrice Lorenzin (che ha parlato di “forte rischio di una diminuzione delle coperture vaccinali e di nuove epidemie per varie malattie”), ci sembra troppo.
Il presunto “vaffa” della senatrice Taverna
Le tensioni venutesi a creare sui vaccini obbligatori in Aula, a Palazzo Madama, sarebbero state il motivo dell’insulto che sembra sia stato pronunciato dalla senatrice Paola Taverna, vicepresidente del Senato e capogruppo del M5S, accusata dal senatore di Forza Italia Massimo Mallegni di aver concluso il suo intervento con un “vaffa” rivolto ai banchi dell’opposizione.
“Ha mandato tutti noi a quel Paese – ha protestato Mallegni rivolgendosi alla Presidenza – Questo atteggiamento in quest’Aula non è accettabile”.
Alle grida che si sono levate “fuori, fuori”, la presidente Elisabetta Casellati ha risposto: “Fuori mando soltanto io. Spero che il vicepresidente Taverna non abbia fatto questo, perché ha un ruolo istituzionale che non glielo consente”.
Quindi, da buon arbitro, ha chiesto l’ausilio da parte della tecnologia, una sorta di Var d’Aula. “Quando finirà la seduta – ha poi aggiunto – siccome tutto quello che succede viene ripreso, vedremo il video e se è successo questo decideremo di conseguenza”.
Se riparlerà lunedì 6 agosto, quando è previsto il voto finale del Senato al “milleproroghe”, con il testo che poi passerà alla Camera.