I lettori ci scrivono

Tra il dire e il fare c’è di mezzo il PNRR

Da quando la scuola è sotto l’assedio della pandemia, non si contano i proclami ministeriali sull’importanza della scuola e sull’assoluta priorità della didattica in presenza su quella a distanza (salvo patetici capovolgimenti retorici quando si vuole fare di necessità virtù, per cui la DaD diventa la nuova frontiera dell’istruzione). Da notare che la retorica sulla scuola come priorità assoluta della Repubblica non è una novità legata alla pandemia ma è vecchia quanto la scuola stessa. Che si tratti solo di retorica e non di realtà è evidente guardando le condizioni degli edifici scolastici, l’affollamento delle aule e, non per ultimo, gli stipendi dei docenti. Tornando all’attualità, per comprendere le vere priorità del Ministero e l’idea di scuola che ne è alla base, basta analizzare come sono ripartiti i fondi PNRR dedicati all’istruzione, nello specifico, la parte relativa alla Missione 4, Componente 1 (cioè quella dedicata all’istruzione dalla scuola fino all’università).

Sono in totale circa 19,4 miliardi. La cosa che colpisce è che la quota assegnata alla messa in sicurezza e riqualificazione degli edifici scolastici (circa 4 miliardi, cioè in media circa 100 mila euro per edificio scolastico) è uguale al totale delle voci dedicate alla formazione sulla DDI, alle scuole 4.0 e (udite udite) alle ‘nuove competenze’ e ‘nuovi linguaggi’ (cioè competenze non-cognitive e coding, di cui è recente l’approvazione della normativa che le introduce nella didattica). Quest’ultima voce, da sola, vale ben 1,1 miliardi. Se ne deduce, dunque, che quando si grida ‘Mai più DaD!’, in realtà poi si danno 800 milioni alla DaD invece di installare gli impianti di areazione e potenziare i trasporti per consentire la didattica in presenza. E che quando si ulula ‘Mettiamo al centro lo studente’, in realtà lo studente lo si stipa in un’aula fatiscente con altri 28 compagni e si danno 1,1 miliardi per le ‘competenze non cognitive’ ed il coding. E, ancora, che invece di fare classi di 15 alunni, che permettano una relazione più diretta tra docenti e studenti e tempi più distesi (necessità, queste, alla base di qualsiasi didattica efficace) si preferisce spendere oltre due miliardi di euro  per la scuola 4.0 e le aule multimediali, che fra qualche anno saranno un cumulo di antiquariato informatico, mentre nelle aule ordinarie ci saranno ancora 30 alunni a chiedersi dove sarà mai quel famigerato ‘centro’ in cui ciascuno dovrebbe sentirsi.

Enrico Campanelli (Movimento La nostra scuola) (Manifesto per la nuova Scuola)

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