Attualità

Tra tiranni, crudeltà e genocidi, un modello per i giovani esiste: Gino Strada

Persino un asteroide porta il suo nome, che è inciso nel Famedio del Cimitero Monumentale di Milano. Non espresse mai preferenze per nessun partito politico (tranne per la Lista Tsipras per l’Europa nel 2014). Eppure la sua fu sempre un’azione politica. Gino Strada è una figura piena di significato, in un’epoca che stenta trovar punti di riferimento etici in cui credere e ai quali educare le giovani generazioni. Per questo va proposto agli studenti come esempio e modello di una condotta solidale e altruista (in una parola, umana).

150.000 interventi chirurgici su civili vittime della guerra

In 20 anni Gino Strada praticò almeno 150.000 interventi chirurgici — soprattutto bambini — devastati dalla guerra. Soleva denunciare che, nel medesimo ventennio, 2.000 miliardi erano stati spesi per la guerra in Afghanistan, e ben nove dai governi italiani. «Pensare che adesso», dichiarò poco prima di morire, «si parlava in Italia di dare sei miliardi del Recovery Fund alla Sanità! La popolazione è più povera di 20 anni fa. Non ci meravigliamo poi se ci sono profughi afgani che cercano di arrivare da noi. Hanno avuto 4,5 milioni di profughi: un quarto della popolazione».

Ha sempre, coerentemente e fattivamente creduto ed operato per la pace

Non chiedeva solo soldi per Emergency, ma mutamenti nella mentalità e nella struttura della società italiana e dell’economia mondiale, credendo costantemente nella necessità di abolire la guerra dall’orizzonte umano, “senza se e senza ma”. Riuscì a ottenere in Italia il divieto di produrre e vendere all’estero mine antipersona (tra cui le “mine giocattolo”, che mutilarono migliaia di bimbi afgani): risultato non piccolo, se si pensa allo strapotere di cui l’industria bellica gode anche da noi.

Quello strapotere però perdura incontrastato. L’Italia ancora fattura miliardi producendo e vendendo armamenti a Paesi in guerra, a Stati canaglia che si reggono su tirannide, persecuzione dei dissidenti, tortura e strage. I governi italiani — tutti — brillano da sempre per ambiguità: pronunciano appassionate apologie dei diritti umani, ma trattano e collaborano con governi esteri che degli stessi diritti fanno strame.

Governi italiani: ambiguità e ipocrisia?

Verso l’Arabia Saudita — Stato particolarmente intriso di sangue — come ha ricordato il 28 gennaio scorso Marco Travaglio su Il Fatto Quotidiano «nel 2021 il governo Conte-2 bloccò le esportazioni di armi, poi Draghi e Meloni ripresero le forniture». Quest’ultima, che oggi stringe accordi politici e commerciali con Riyad, nel 2019 tuonava contro l’Arabia Saudita, che «discrimina le donne e i nostri valori», perché «in Arabia Saudita c’è la pena di morte per apostasia, per adulterio, per omosessualità e zero diritti per le donne. È una nazione fondamentalista».

Il colosso industriale militare nostrano Leonardo (il cui maggiore azionista è il MEF) assiste d’altronde la flotta di velivoli Alenia Aermacchi M-346 Master di Israele che — secondo la rivista medica The Lancet — ha sterminato più di 64.000 persone a Gaza da ottobre 2023 a giugno 2024 (genocidio, dice Amnesty International). Le basi statunitensi in Italia e gli aeroporti di Bari, Ancona, Ciampino, Brindisi e Napoli permettono il ponte aereo che supporta Israele, con 6000 voli militari in un anno. Strada ha dunque fallito?

Di famiglia operaia, studiò al liceo classico e divenne chirurgo

Luigi Strada detto Gino era nato il 21 aprile 1948. La guerra la conosceva dai racconti dei genitori. Il suo paese, Sesto San Giovanni, nella fascia operaia e industriale dell’hinterland milanese, aveva combattuto strenuamente fascismo e occupazione nazista: tanto da venir chiamato “la Stalingrado d’Italia” e insignito della Medaglia d’Oro al Valor Militare per la Resistenza. Solidarietà, libertà, pace son valori che Gino fece suoi fin da piccolo.

Figlio di operai, Gino si diplomò al liceo classico “Giosuè Carducci” di Milano, quando la Scuola era un’istituzione seria, e pertanto funzionava — come deve essere in una democrazia — da ascensore sociale. «Anche l’operaio vuole il figlio dottore», cantava dal 1966 Paolo Pietrangeli nella sua Contessa. Gino, attivista del Movimento Studentesco, si laureò a Milano Dottore in medicina e chirurgia.

Dal trapianto di cuore alla vocazione: salvare i civili massacrati dalla guerra

Dopo aver lavorato ai trapianti cardiaci, dal 1988 curò le vittime della guerra, lavorando con la Croce Rossa Internazionale fino al 1994 in zone di guerra: Afghanistan, Angola, Bosnia-Erzegovina, Etiopia, Pakistan, Perù, Somalia. Fu allora che fondò (con la moglie Teresa Sarti, insegnante) Emergency – Life Support for Civilian War Victims: associazione umanitaria italiana cui ben presto fu riconosciuto lo status giuridico di ONLUS e ONG, e che nel 2015 fu ammessa nel Consiglio economico e sociale delle Nazioni Unite (ECOSOC) con speciale stato consultivo. Oggi Emergency è tra le più influenti associazioni simili del pianeta, con almeno undici milioni di persone curate. «Dal 2011 abbiamo raddoppiato il budget», dichiarò Strada al Corriere della Sera nel gennaio 2019, «ma i progetti son tanti. Un ospedale è un debito continuo, ogni anno i ricoveri aumentano del 30%. In Afghanistan, il sistema sanitario siamo noi».

Gino Strada ha perso?

No, Gino non ha fallito. Scomparso il 13 agosto 2021, Gino Strada è un esempio di coerenza e fede nei valori umani, in un mondo in cui questi valori son sempre meno praticati dalle classi politiche e dirigenziali (quelle che il mondo dovrebbero guidarlo).

Si insegna quel che si è, non quello che si sa o si crede di sapere. Gino Strada pertanto ha molto da insegnare a noi adulti e ai giovani che ci sono affidati. Ricordarlo, cercando di imitarne la coerenza, negli anni a venire non potrà non migliorare il nostro mondo. Perché fallisce solo chi rinuncia alla propria umanità.

Alvaro Belardinelli

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