La scuola sempre più al centro della politica, delle discussioni dell’opinione pubblica e punto focale del futuro di qualsiasi Stato.
Non a caso l’argomento scuola è stato uno dei temi maggiormente trattati anche dal nuovo Presidente del Consiglio nei discorsi alle due Camere sulla richiesta di Fiducia.
Vedremo nei prossimi mesi quanto del piano previsto dal nuovo Governo verrà effettivamente realizzato, perché sarà complicato mettere d’accordo i vari partiti che compongono la maggioranza.
Un primo passaggio importante di Mario Draghi è stato quello in cui ha evidenziato la necessità di fare “tutto il necessario per promuovere al meglio il capitale umano, la formazione, la scuola, l’università e la cultura.”
Questo è un messaggio chiaro di piena consapevolezza dell’importanza del capitale umano composto dagli studenti di oggi perché saranno quelli che guideranno la nostra società del futuro. Investire sulla formazione e quindi sulla scuola vuol dire seminare bene per far crescere sane e robuste le piante del domani.
Un futuro che non deve vedere più giovani lasciare il nostro Paese per poter vedere emergere le proprie competenze.
Il Premier ha parlato di “transizione culturale” un percorso educativo nuovo, aderente agli standard europei e alle esigenze che arrivano dal mondo del lavoro con l’introduzione se necessario anche di nuove materie all’interno della didattica.
E’ sempre più necessario avviare un percorso formativo scolastico in cui i ragazzi siano in grado di coniugare le “competenze scientifiche con quelle umanistiche e linguistiche” in un’ottica multidisciplinare e trasversale. Basti pensare ad esempio come il tema dell’intelligenza artificiale e la robotica abbiano un impatto sia tecnico che etico.
Altro tema sulla scuola esaltato dal discorso del Premier è quello relativo agli ITS (Istituti Tecnici Superiori).
Si tratta di percorsi biennali post diploma composti per metà di tirocinio nelle aziende e per metà di studio accademico, divisi per specializzazioni, una garanzia in termini occupazionali, visti i risultati che parlano di oltre il 90% di posti di lavoro assicurati alla fine dei due anni.
In Francia e in Germania sono un pilastro importante del sistema scolastico, adesso si vorrebbe darne pari importanza anche in Italia.
Le Fachschule, che gli stessi Länder tedeschi presentano al mondo sotto il nome di “University of Applied Science”, sono fortemente ancorate ai loro territori di insediamento e contribuiscono a sostenere le specializzazioni produttive della manifattura tedesca. Un progetto avviato diversi anni fa che ha portato i frutti sperati.
Il Programma Nazionale di Ripresa e Resilienza assegna 1,5 miliardi agli ITIS, 20 volte il finanziamento di un anno normale pre-pandemia. Senza innovare l’attuale organizzazione di queste scuole, rischiamo che quelle risorse vengano sprecate. Questo sarà una delle tante scommesse che il nuovo Governo deve vincere.
Se in Germania troviamo quasi un milione di giovani che trovano in questo percorso l’espressione dei propri talenti, in Italia contiamo poco meno di 20 mila iscritti per lo più concentrati nel triangolo industriale (Lombardia, Emilia-Romagna, Veneto), che sopravvivono grazie al supporto economico di fondazioni ad hoc. Possibile avere numeri cosi bassi per scuole che garantiscono un tasso di occupazione altissimo a fronte di oltre due milioni di NEET cioè giovani che nella loro vita ne studiano ne lavorano? La promozione del capitale umano dovrebbe partire proprio da questi due milioni di ragazzi.
Oltre che offrire loro una concreta opportunità di lavoro, lavorare in questa direzione vuol dire avviare concretamente il nostro Paese verso la duplice transizione ecologica e digitale.
In concreto quindi la transizione culturale richiesta da Draghi passerà per le riforme che il governo sarà in grado di realizzare nel campo della scuola nella formazione dei giovani e nella ricerca. In un discorso che il Premier fece due anni fa in occasione del conferimento della Laurea honoris causa in Economia conferitagli dall’Università Cattolica del Sacro Cuore, parlò di
“..Caratteristiche frequenti nelle decisioni che consideriamo ‘buone’”: ossia, “conoscenza, coraggio, umiltà”. Serviranno tutt’e tre in questo delicato passaggio della nostra storia repubblicana”.
Servirà coraggio nel prendere decisioni drastiche ma nuove ed innovative, le conoscenze giuste per non sbagliare direzione e l’umiltà di raccogliere le indicazioni ed i feedback dagli addetti ai lavori.
Non ci resta che attendere e vedere se verranno gettate veramente le basi di questa transizione culturale.
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