Nel presentare il proprio governo alle Camere il presidente del Consiglio Mario Draghi ha molto sottolineato la dimensione della sostenibilità e della transizione ecologica del sistema economico e sociale.
Transizione cui dovranno essere destinati una porzione consistenti dei fondi europei per la ripartenza e ricostruzione.
Nel suo discorso Draghi ha anche fatto esplicito riferimento a papa Francesco e al ruolo che l’umanità ha avuto ed ha nella distruzione del pianeta, del cosmo, del creato: “le tragedie naturali sono la risposta della terra al nostro maltrattamento. Siamo stati noi a rovinare l’opera del Signore”.
La transizione e la riconversione ecologica, la sostenibilità ambientale sono temi cruciali anche in ambito educativo e non per nulla da alcuni anni il Ministero sta insistendo nel promuovere proprio le competenze connesse alla sostenibilità quali elementi chiave dell’offerta formativa.
L’ultimo passaggio, al riguardo, è costituito dalla legge 92/2019 che istituisce l’insegnamento trasversale dell’educazione civica che proprio dello sviluppo sostenibile e degli obiettivi dell’Agenda 2030 dell’ONU fa uno dei suoi tre cardini
L’attenzione alla dimensione delle sostenibilità, e quindi della correlata necessita di assunzione di specifici stili di vita e di comportamento sia a livello singolo che collettivo, deve necessariamente coinvolgere anche il sistema educativo, evitando il rischio che il tutto si riduca ad un semplice Greenwashing – ovvero ad una superficiale verniciatura verde delle consuete prassi educative.
In questo senso va la proposta cui sta lavorando dall’anno scorso l’Unesco e che può esser riassunta nel titolo del programma di ricerca dell’Unesco sulle sfide dell’educazione da qui al 2050: learning to become
Il documento di background (intitolato Learning to become with the world: Education for future survival, messo a punto dal Common Worlds Research Collective) propone una svolta radicale che implica un cambio di paradigma sul versante educativo.
Il documento e la riflessione proposta dall’Unesco non sono ancora molto noti in Italia.
Ci stanno lavorando, tra gli altri, il il prof. Poli della Cattedra Unesco in Sistemi Anticipanti Università di Trento, Ashoka, Indire che ha dedicato al tema un importante approfondimento per i dirigenti delle scuole di Avanguardie educative, la rete delle scuole per la pace .
Il documento base dell’Unesco si apre esplicitando con queste parole: “Di fronte alle molteplici minacce esistenziali il documento… chiede che l’educazione sia ripensata e riconfigurata intorno alla futura sopravvivenza del pianeta. A questo scopo presentiamo sette dichiarazioni relative ai possibili scenari che l’educazione potrebbe assumere dal 2050 e oltre (seven visionary declarations) partendo da tre premesse:
1) sostenibilità umana e sostenibilità planetaria sono la stessa cosa
2) qualsiasi tentativo di raggiungere un futuro sostenibile che continui a separare gli esseri umani dal resto del mondo è delirante e futile.
3) l’educazione deve giocare un ruolo centrale nel riconfigurare radicalmente il nostro posto e la nostra azione all’interno di questo mondo interdipendente.
Questo richiede un completo mutamento di paradigma: dall’imparare a conoscere il mondo per agire su di esso, all’imparare a diventare con il mondo che ci circonda.
La nostra sopravvivenza futura dipende dalla nostra capacità di fare questo cambiamento.”
Le sette “visioni” sono decisamente molto radicali perché richiedono il superamento dell’eccezionalismo umano. Se ne potrà discutere. Intanto ecco qui in sintesi i 7 traguardi che entro il 2050 – secondo l’Unesco – dovrebbero divenire cardini del sistema formativo, e quindi della società globale.
1. rivalutare e riconfigure criticamente la relazione tra educazione e umanesimo conservando l’aspetto migliore della precedente missione umanista dell’educazione – promuovere la giustizia – ma estendendolo al di là di un quadro esclusivamente umano o sociale;
2. riconoscere che gli esseri umani sono incorporati negli ecosistemi e che siamo esseri ecologici, non solo sociali; dissolvere i confini tra le scienze “naturali” e “sociali”: tutti i curricula e le pedagogie devono saldamente radicarsi in una coscienza ecologica;
3. smettere di usare l’educazione come veicolo per promulgare l’eccezionalismo umano; va insegnato che il potere è relazionale, collettivamente distribuito e più che umano;
4. scartare i quadri di sviluppo umano dell’educazione: invece di difendere l’individualismo vanno promosse disposizioni collettive e relazioni umane e più-che-umane conviviali e riparative;
5. riconoscere che viviamo e impariamo nel mondo e con il mondo; le nostre pedagogie non posizionano più il mondo “là fuori” come oggetto di apprendimento; imparare a diventare con il mondo è una pratica situata e una collaborazione pedagogica più che umana;
6. riattribuire all’educazione un compito cosmopolitico; questa la sposta oltre le pretese universaliste e antropocentriche delle prospettive umaniste, umanitarie e dei diritti umani;
7. l’obiettivo dell’educazione per la sopravvivenza futura ci portato a dare priorità a un’etica di recupero collettivo su questa Terra danneggiata.
Una prospettiva da discutere, certo, ma mentre stiamo cercando di mettere mano alla “ricostruzione”, come la chiama Draghi, meglio fare i conti con le visionary declarations dell’Unesco che con i piccoli conti di bottega cui spesso si riduce il dibattito culturale e pedagogico attorno alla scuola.
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