Durerà ancora un anno la fase transitoria che porta verso la perdita della titolarità, con la mobilità che avverà solo su ambiti territoriali. Senza deroghe o “scappatoie”.
Lo ha appreso La Tecnica della Scuola da fonti vicine al Miur. Se quello in corso può essere considerato l’anno zero, che ha rotto il “ghiaccio” rispetto al passato ma con diverse eccezioni, il prossimo sarà comunque un anno di transizione, che servirà a traghettare il personale verso il 2018/19: quando le novità introdotte dalla Buona Scuola sul fronte degli organici e dei trasferimenti entreranno a pieno regime.
Ma cosa significa, tutto questo, da un punto di vista pratico? È presto detto. Sull’anno in corso c’è poco da dire: per i trasferimenti volontari, il comma 2 dell’art.3 del CCNI sulla mobilità ha previsto che il personale immesso in ruolo sino al 2014 aveva ancora titolo a partecipare alla mobilità per acquisire la titolarità in una scuola degli ambiti della provincia di attuale titolarità. Anche a livello interprovinciale, se è andato a buon fine il primo ambito indicato nella domanda di trasferimento.
Chi non è rientrato in questa casistica, ha comunque potuto fruire delle assegnazioni provvisorie. Che ancora si devono completare (a breve si passerà alla gestione delle supplenze annuali, anzi per qualche provincia, soprattutto le più piccole, queste sono state completate o sono in dirittura d’arrivo): tanti docenti, ma non tutti (almeno 15mila neo assunti o finiti negli ambiti non ce l’hanno fatta), sono così riusciti ad evitare il trasferimento lontano da casa grazie all’assegnazione provvisoria su posti, creati all’ultimo momento, in organico di fatto.
L’anno prossimo si continuerà sulla scia del presente. Con le assegnazioni provvisorie “straordinarie” che, in base alle nostre informazioni, continueranno salvare un nutrito gruppo di docenti, che non a caso abbiamo definito “i fortunati della Buona Scuola”. Questi insegnanti, infatti, continueranno in buon numero a fruire di quello che tanti colleghi, probabilmente non a torto, considerano un privilegio. “A costo di creare ancora un po’ di organico aggiuntivo con il potenziamento scolastico”, ci è stato confermato sempre da fonti vicine a Viale Trastevere.
Una decisione che stride con la stessa Buona Scuola, visto che il comma 73 così recita: “Dall’anno scolastico 2016/2017 la mobilità territoriale e professionale del personale docente opera tra gli ambiti territoriali”.
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Di sicuro, l’anno successivo ancora, il 2018/19, sarà quello della fine delle deroghe: tra un biennio, per intenderci, in corrispondenza con la fine naturale della legislatura (un caso?), si potrà dire addio alle “ciambelle di salvataggio”. E basta anche alle assegnazioni provvisorie su organico di fatto (anche perché nel frattempo potrebbe essere ridotto ai minimi termini).
Indistintamente, tutti i neo-assunti, quelli incappati negli ambiti perché soprannumerari, pure quelli che faranno domanda di trasferimento volontaria (provinciale o interprovinciale), non si muoveranno più sulla singola scuola. Ma solo su ambito territoriale. Con tutto ciò che ne consegue. Ad iniziare dall’essere sottoposti alla chiamata diretta, quindi al giudizio dei dirigenti scolastici che dovranno esaminare il loro curriculum professionale.
Significa, in pratica, che se non troveranno il posto nell’ambito richiesto, la loro sede verrà rintracciata negli ambiti più vicini. Ma in caso negativo, la loro sede verrà rintracciata sugli ambiti di altre province. Sino a spingersi a quelle degli altri capoluoghi della propria regione, come previsto dal comma 66 della Legge 107/15.
Ma oltre alla lontananza, che per i più sfortunati potrebbe comportare spostamenti superiori ai 100 chilometri (più altrettanti per il ritorno a casa), c’è da mettere in conto pure gli altri effetti negativi della norma: chi perde la titolarità nella propria scuola, come già detto in un altro articolo, finisce negli ambiti. E non ha possibilità di ritrovare la titolarità, nemmeno con il passare del tempo (mentre oggi per otto anni conservava la precedenza nella vecchia scuola e manteneva pure la continuità didattica).
Per questo, se la norma non cambierà, si prevede che fioccheranno i ricorsi, visto che questo trattamento potrebbe essere riservato a personale con più punti di altri (rimasti però al “sicuro” nella loro scuola perché non perdenti posto).
A rischiare di più, come logica vuole, saranno i docenti delle discipline più tecniche e specifiche della scuola secondaria superiore: un insegnante (laureato o di laboratorio) di ceramica, di arti navali o ottica, che, in pratica, perde posto nella propria scuola, rischia più degli altri di finire nel girone “infernale” degli ambiti. Perché spesso non ci sono istituti limitrofi che possono accoglierlo. Così, l’algoritmo potrebbe collocarlo chissà dove. Anche a oltre 100 chilometri da casa.
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