Com’è noto, il contratto sulla mobilità del personale scolastico riconosce solo in casi molto limitati la possibilità per il dipendente che assiste un familiare gravemente invalido di ottenere una precedenza nei trasferimenti.
In particolare, l’art. 13, comma 1, lett. IV del CCNI sulla mobilità, dispone che tutti gli altri familiari (che pure assistono con continuità ed esclusività il disabile) possono far valere la precedenza solo nelle operazioni di mobilità annuale.
Ciò crea un comprensibile disagio del quale si farebbe certamente a meno, soprattutto in considerazione di una situazione già tanto penalizzante e problematica, in quanto il dipendente (e il disabile bisognoso di assistenza) rischia di dover repentinamente interrompere ogni anno l’indispensabile trattamento assistenziale in atto.
Negli anni passati, si sono succedute decine e decine di sentenze che hanno disapplicato le disposizioni contrattuali, perchè in contrasto con la legge n. 104/1992 che stabilisce il diritto alla scelta della sede non solo del disabile ma anche del familiare che lo assiste (“coniuge, parente o affine entro il secondo grado, ovvero entro il terzo grado qualora i genitori o il coniuge della persona con handicap in situazione di gravità abbiano compiuto i sessantacinque anni di età oppure siano anche essi affetti da patologie invalidanti”).
Recentemente, però, la Corte di Cassazione con sentenza n. 4677/2021 ha ritenuto legittimo “graduare” la precedenza nelle operazioni di mobilità in ragione del grado di parentela col soggetto disabile.
Si è trattato di una decisione inaspettata, che influisce pesantemente sui procedimenti in corso, avviati in presenza di una giurisprudenza largamente favorevole, col rischio molto probabile di essere definiti col rigetto del ricorso.
In questo quadro non certo roseo, si inserisce una coraggiosa sentenza del Tribunale di Palermo che – nonostante il dictum della Corte di legittimità – ha affermato il diritto alla precedenza nelle operazioni di mobilità del familiare che presta assistenza al soggetto disabile.
Nel ricordare le numerose norme internazionali sottoscritte anche dal nostro Paese (l’art. 26 della . Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, l’art. 1 della Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità, la Comunicazione della Commissione europea al Parlamento ed al Consiglio nella strategia sulla disabilità), il Giudice ha ricordato che non possono essere ammessi limiti all’esercizio del diritto all’assistenza all’interno della famiglia per le persone affette da handicap grave.
In questo quadro, il Tribunale di Palermo ha affermato di non condividere la decisione della Corte di Cassazione, soprattutto perché non si è tenuto conto non solo di quanto affermato dall’art. 33 della legge n. 104, ma perché si è omesso di considerare che lo stesso Testo Unico della scuola prevede espressamente la precedenza nelle operazioni di mobilità.
Effettivamente, nell’art. 601 “Tutela dei soggetti portatori di handicap” si legge che le norme della legge 104 “comportano la precedenza all’atto della nomina in ruolo, dell’assunzione come non di ruolo e in sede di mobilità”.
Non bisogna dimenticare che l’art. 601 (in quanto inserito nel T.U. della scuola) è senz’altro da considerarsi norma “speciale”, perché si applica specificamente al personale scolastico.
Di conseguenza, il contratto sulla mobilità non può violare la norma primaria, “prevedendo in luogo della mobilità l’assegnazione provvisoria, in quanto quest’ultima non è istituto che fa parte della mobilità, ma ha natura e finalità del tutto diverse”.
“La prevalenza della normativa primaria su quella secondaria, inderogabile nell’impiego pubblico, comporta quindi di ritenere la nullità sul punto dei predetti CCNI e OM sulla mobilità, per violazione del citato art. 601, con conseguente accertamento del diritto di parte ricorrente alla precedenza prevista dalla norma primaria”.
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