Il trasferimento del docente del Sud nelle regioni settentrionali “è sempre stata una caratteristica del nostro paese”.
A dirlo, ai microfoni di Radio Tre, è stato il 10 agosto il ministro dell’Istruzione, Stefania Giannini, sollecitata dai giornalisti in merito alle proteste degli insegnanti e dei sindacati che a seguito dei trasferimenti su ambiti territoriali, introdotti con la Buona Scuola, lamentano errori e spostamenti eccessivi: “oggi – ha tenuto a dire – chi si sposta lo fa con in tasca un contratto a tempo indeterminato, è un passo avanti importante”.
Giannini non ha fatto però riferimento all’algoritmo del Miur, che a detta dei contestatori sarebbe la causa dell’eccesso di spostamenti di sede.
Il ministro dell’Istruzione ha ricordato, invece, prendendo spunto da un articolo del Corriere della Sera dello stesso giorno,
che “l’80% degli insegnanti è meridionale mentre la maggioranza degli studenti, e quindi delle cattedre disponibili, è al Centro Nord. Negli ultimi anni abbiamo assistito a un decremento di più del 20% degli alunni al Sud e a un incremento superiore al 15% al Centro Nord, anche grazie alla presenza di bambini stranieri. E’ un quadro che esplode in questi anni”, “quando abbiamo finalmente messo fine al precariato storico”,
A Giannini è stato quindi chiesto se potenziare il tempo prolungato nelle scuole del Sud potrebbe essere una soluzione per far rientrare gli insegnanti. Risposta: “le scuole aperte d’estate, il progetto che sta partendo in 400 scuole di quattro città dal primo settembre diventerà strutturale. Sarà una grande opportunità per tutte le aree a rischio di dispersione scolastica e di forte disagio sociale del nostro paese”.
Chi conosce più a fondo la scuola, sa bene che gli organici non hanno nulla a che vedere con l’apertura estiva delle scuole. Quindi, i docenti trasferiti non hanno alcuna possibilità di rientrare attraverso questi progetti, peraltro ancora sperimentali e di portata ridotta.
Il discorso cambia, di molto, se invece si dovesse incrementare il tempo pieno alla primaria. Ed è forse questo a cui si riferisce il responsabile del Miur al termine del suo intervento (a cui sicuramente si è riferito il sottosegretario Davide Faraone il giorno prima sulla Stampa).
“Scuole aperte significa un tempo prolungato, mettere insegnanti ed educatori che diano alla scuola quella funzione discente della comunità e di punto di aggregazione. Nel medio e lungo termine porterà alla soluzione di tutto questo quadro che stiamo discutendo e che in questi giorni procura disagio ad alcuni insegnati che devono spostarsi. Ma il quadro va visto nel suo insieme, anche con gli occhi degli alunni e delle famiglie”.
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