C’era anche una delegazione dei ‘Nastrini rossi pugliesi’ la sera del 18 novembre a Bari ad accogliere il premier Renzi in favore del ‘sì’ al referendum del 4 dicembre.
Erano in rappresentanza di i 3.200 docenti assunti con il piano straordinario della “Buona scuola”. E quasi tutti lontanissimo da casa.
I docenti pugliesi hanno anche consegnato al presidente del Consiglio una lettera per chiedere “correttivi alla legge 107/2015 che permettano il rientro definitivo dei docenti nelle regioni di residenza“.
I nastrini rossi sono gli insegnanti, per lo più donne di circa 45 anni, costretti a lasciare le proprie famiglie, la propria terra e i propri alunni, dopo anni di precariato in Puglia: lo hanno fatto, scrivono, “per accettare il ruolo nelle scuole del centro nord Italia assegnate dall’arcano algoritmo”.
“Più volte – dicono ancora a Renzi – Lei stesso ha ammesso che le buone intenzioni della Buona Scuola si sono tradotte per alcuni aspetti in pratiche non propriamente ‘buone’. Una di queste è stata la mobilità obbligatoria: siamo andati a coprire posti esistenti nelle regioni del Nord provocando vasti ‘vuoti’ negli organici necessari al Centro-sud e siamo ora tornati per gran parte a coprire provvisoriamente i posti che comunque esistono e sono necessari nei nostri territori“.
Riferendosi alla Legge di Stabilità, il raggruppamento di docenti ha detto di attendere “l’avvio dei lavori parlamentari nelle varie commissioni”, con la speranza che arrivi “un cambiamento di rotta in grado di rispondere, convintamente, alle richieste di giustizia di noi docenti della buona scuola”.
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