“Mi sono già rivolta a un avvocato, se ci sono gli estremi non mi fermerò. Dopo tutti questi anni ritengo di aver maturato dei diritti e intendo farli valere”.
A raccontarlo a La Repubblica è una delle tante insegnanti che l’algoritmo del Miur ha spostato dal Sud al Nord. Nel suo caso, dalla provincia di Agrigento a Torino. Dall’estremo Sud ad uno dei più grandi ambiti territoriali del Settentrione.
“Ci è stata fatta un’ingiustizia”, sostiene la donna, insegnante 50enne di scuola primaria, con quasi 30 anni di docenza alle spalle. Ma a differenza di tanti altri docenti, che in questi giorni stanno presentando ricorsi e richieste di accesso agli atti, non si sente scavalcata per colpa di un errore dell’algoritmo ministeriale.
I motivi del suo rammarico, che la porterà in tribunale come parte lesa, stanno nella scelta fatta dal Miur di dare la precedenza, nella collocazione su ambito territoriale, ai docenti risultati idonei nei concorsi a cattedra.
Il fatto che al Nord ci siano più cattedre libere e che qualcuno ci debba andare è innegabile. Non si può contraddire. Allora, ribatte, “perché non ci mandano quelli appena arrivati grazie all’ultimo concorso? Invece loro entrano nella propria provincia, mentre noi delle graduatorie a esaurimento, con venti o trent’anni di servizio alle spalle, ci dobbiamo trasferire. Io amo il mio lavoro, ho insegnato a due generazioni di miei conterranei. Ora invece arriveranno persone che potrebbero avere molta meno esperienza di me”.
La conclusione è amara: “probabilmente allo Stato interessano di più i giovani che vanno in pensione tra quarant’anni piuttosto che noi. Alcuni dei miei colleghi sono stati costretti a rinunciare e forse è proprio questo che voleva il governo “, conclude la docente.
Non pensa, tuttavia, di rinunciare al trasferimento. Anche perché, tranne per i primi 12 mesi, equivarrebbe al licenziamento automatico.
“O rinuncio a insegnare o faccio le valigie, quindi ci andrò, perché non posso buttare la mia vita così. Però spenderò tutte le carte possibili per evitarlo. Non è che Torino non mi piaccia, però la mia vita è qui e ho una mamma anziana. Laggiù mi sentirei come un pesce fuori dall’acqua. Altri miei colleghi saranno costretti a lasciare figli e mariti”, conclude la maestra.
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